L’attentato a Sigfrido Ranucci, conduttore di Report, non è solo un gesto di violenza personale: è un colpo diretto alla libertà di stampa e al diritto dei cittadini a essere informati. Quando un giornalista viene minacciato per il proprio lavoro, è la democrazia stessa a essere messa sotto assedio. L’esplosione che ha distrutto l’auto del cronista e quella di sua figlia davanti alla casa di Campo Ascolano, a Pomezia, ha scosso profondamente l’opinione pubblica, riaccendendo il dibattito sulla sicurezza di chi fa informazione e sul valore dell’inchiesta giornalistica come presidio di verità e legalità.
Attentato a Sigfrido Ranucci: proseguono le indagini
L’ordigno collocato sotto casa di Ranucci non ha provocato feriti, ma il messaggio è inequivocabile. Il giornalista, già sotto scorta e da tempo bersaglio di minacce e intimidazioni, ha riferito che la bomba era stata piazzata “nel punto esatto dove parcheggio di solito”, segno che chi ha agito “conosce le mie abitudini”.
La Procura di Roma ha aperto un’inchiesta per danneggiamento aggravato dal metodo mafioso e violazione della legge sulle armi, affidando il caso al procuratore Francesco Lo Voi e al pm Carlo Villani della Direzione Distrettuale Antimafia.
Ranucci, ascoltato per circa due ore, ha spiegato che “ci sono quattro-cinque tracce importanti che però per coincidenza alla fine riconducono sempre agli stessi ambiti”. Le indagini si concentrano sul possibile legame tra l’attentato e le nuove inchieste di Report, che tornerà in onda il 26 ottobre su Rai 3.
Un passante avrebbe notato un uomo incappucciato vicino alla casa poco prima dello scoppio; nelle vicinanze è stata rinvenuta un’auto rubata, una Fiat 500X, forse utilizzata dagli attentatori. Gli investigatori ritengono che il giornalista fosse seguito da giorni e che chi ha agito conoscesse perfettamente i suoi movimenti.
“Il fatto che la bomba sia stata piazzata subito dopo il mio rientro dimostra che sanno quando e come possono colpire”, ha detto Ranucci.
Attentato a Sigfrido Ranucci, presidio davanti alla sede di Report: il giornalista in lacrime
Una folla numerosa si è radunata davanti alla sede Rai di via Teulada, a Roma, per manifestare vicinanza a Sigfrido Ranucci dopo il grave attentato. L’esplosione, causata da un ordigno contenente circa un chilo di esplosivo, ha distrutto la sua auto e quella della figlia. Dal balcone, visibilmente emozionato, il giornalista ha ringraziato i presenti asciugandosi le lacrime, mentre dalla piazza si levavano i cori: “Forza! Forza!” e “Siamo noi la tua scorta!”.
Per motivi di sicurezza Ranucci non è sceso tra la folla, ma ha salutato dal balcone della redazione di Report. Al presidio erano presenti l’Usigrai, la Cgil, la Fnsi, Stampa Romana, l’Associazione nazionale magistrati, l’Anpi, diverse sigle studentesche e numerosi rappresentanti politici, soprattutto delle forze di opposizione. “L’attentato a Ranucci riguarda tutti noi” – ha dichiarato Daniele Macheda, segretario dell’Usigrai – “basta con questo stillicidio e questi attacchi ai giornalisti. Chiediamo che vengano ripristinate e trasmesse le puntate eliminate di Report”.
Anche Vittorio Di Trapani, presidente della Fnsi, ha sottolineato che “non è più il momento delle parole, ora è il momento di agire. Se la solidarietà è vera, servono atti concreti”.