Venezia, 16 giu. (askanews) – Un teatro dove il corpo gioca un ruolo centrale e, in linea con il tema della Biennale, si tinge di una poesia profonda, in alcuni casi lucidamente gioiosa, in altri con la consapevolezza anche della grande tragedia. Il tutto con un’idea seminale di identità, personale, ma anche teatrale.
Princess Isatu Hassan Bangura, artista nata in Sierra Leone nel 1996 e poi trasferitasi in Olanda, ha portato alla Biennale Teatro due spettacoli: “Great Apes of the West Coast”, performance che lei stessa definisce “afrofuturista” e “Blinded by Sight”, monologo ispirato a re Edipo e alla sua discesa nella cecità.
Lo tile di Bangura, il suo essere corporeo, si fa carico della portata del racconto, il suo linguaggio attinge a più fonti e si basa su più registri, dal pop all’autobiografico, dall’animale alla riflessione sullo stesso spazio del palcoscenico. “Great Apes of the West Coast” è una sorta di tour de force emotivo e interpretativo che vive dell’intensità della performance, del suo costante raccontare il ritorno alla propria identità africana, in un gioco di rilanci e possibili sorprese. I temi sono profondi, ma Princess Bangura sa come creare una leggerezza che nulla toglie alla forza della messa in scena. E appare in grado di generare un’empatia poetica con gli spettatori.
“La poesia – ha detto Princess Bangura – è una canzone su cui il corpo danza”. Forse il punto è proprio qui: saper trovare e ascoltare quella canzone.