Rimini, 4 nov. (askanews) – Il settore ceramico italiano, eccellenza della manifattura e leader mondiale nell’export, si trova a fronteggiare una grave crisi di competitività dovuta all’impennata dei costi energetici e all’impatto oneroso della normativa europea sul sistema Ets (Emission Trading System). E’ l’allarme lanciato dal direttore generale di Confindustria Ceramica, Armando Cafiero, a margine dell’evento “La Ceramica verso il Futuro” a Ecomondo.
Il settore, che conta 248 imprese e genera un fatturato di 7,6 miliardi di euro nel 2024, sostenendo circa 40.000 posti di lavoro diretti e indiretti, ha investito 4,5 miliardi di euro in innovazione negli ultimi 12 anni, dimezzando le emissioni di CO per metro quadro rispetto alla fine degli anni ’90. Nonostante ciò, la ceramica è classificata tra i settori “Hard-to-Abate”, dove il 85% del fabbisogno energetico è coperto dal gas naturale e le tecnologie attualmente disponibili non consentono una decarbonizzazione effettiva della componente termica. Secondo le proiezioni, il costo diretto e indiretto dell’Ets per il settore ceramico italiano ammonta a circa 130 milioni di euro all’anno nel periodo 2021-2025, destinato a superare i 225 milioni di euro all’anno dal 2031. Tale onere ha già causato una diminuzione degli investimenti del 20% su base annua nel 2024.
“L’industria ceramica è un’eccellenza della manifattura italiana, leader mondiale dell’export in valore dei nostri prodotti in tutte le destinazioni – ha spiegato Cafiero – perché ha sempre investito molto. E’ leader mondiale anche del delle tecnologie del settore che sono prodotte dal nostro indotto. Il problema che abbiamo adesso è quello di avere risorse per continuare ad investire a questo livello”. Il settore della piastrella, ha ricordato il direttore, ha storicamente “i costi dell’energia più alti d’Europa, che vuol dire anche i più alti del mondo”. A questo si aggiunge “una normativa europea come quella dell’emission trading che in assenza di alternative tecnologiche effettive drena risorse ai nostri investimenti. Il rischio vero – ha spiegato – è che adesso per le imprese di tutte le dimensioni questo porti allauz investimenti una perdita di competitività in prospettiva, che vuol dire subito però perdita di fatturato per il nostro indotto. Rischiamo di seguire purtroppo quanto sta succedendo per l’automodip, bisogna evitarlo in in tutti i modi e servono degli urgenti correttivi a livello di Bruxelles il più presto possibile”.