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Controllo Russo su NIS in Vendita: Strategia per Evitare Sanzioni Americane

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Trattativa in corso per la cessione della quota di NIS, un passo fondamentale per garantire la stabilità energetica della Serbia e promuovere lo sviluppo sostenibile del settore energetico nel paese.

La situazione energetica in Serbia sta attraversando un momento critico. I rappresentanti russi della compagnia petrolifera statale NIS hanno espresso la loro disponibilità a vendere la quota di controllo, attualmente pari al 56,15%. Questa mossa è volta a mitigare le sanzioni imposte dagli Stati Uniti, che potrebbero compromettere il funzionamento dell’unica raffineria del paese.

Le sanzioni, entrate in vigore lo scorso ottobre, hanno interrotto le forniture di petrolio a NIS, aumentando il rischio di una crisi energetica durante l’inverno. Il governo di Belgrado ha sollecitato Mosca a rinunciare al controllo della compagnia, nella speranza che Washington possa riconsiderare le misure restrittive.

Dettagli della trattativa

Il ministro dell’Energia serbo, Dubravka Đedović Handanović, ha comunicato alla televisione nazionale RTS che Gazprom Neft e Gazprom hanno dato il loro assenso alla vendita della loro partecipazione a un acquirente non identificato. “Non possiamo rivelare il nome della terza parte, poiché si tratta di negoziazioni tra aziende di grande serietà”, ha spiegato Handanović.

Rischio di crisi energetica

La situazione è ulteriormente complicata dal fatto che, secondo le stime, le riserve della raffineria NIS potrebbero esaurirsi entro il 25 novembre, a meno che non vengano garantite nuove forniture di petrolio. Per affrontare questa emergenza, NIS ha presentato una richiesta alle autorità americane per ottenere una licenza speciale che consenta di continuare l’attività durante il periodo di transizione della proprietà.

Posizione del governo serbo

Il presidente serbo, Aleksandar Vučić, ha dichiarato che Belgrado intende evitare a tutti i costi la confisca o la nazionalizzazione dell’azienda, sottolineando l’importanza di negoziare il cambio di proprietà piuttosto che imporlo. Questo approccio mira a garantire una transizione senza conflitti e a proteggere gli interessi economici del paese.

Attualmente, il governo serbo detiene quasi il 30% di NIS, mentre il resto è suddiviso tra azionisti di minoranza. Con circa 13.500 dipendenti e più di 400 punti vendita in Serbia, NIS gioca un ruolo cruciale nell’economia energetica del paese, la compagnia ha registrato un fatturato di 3,3 miliardi di euro, ma ha anche riportato una perdita di 153 milioni di euro per l’anno.

Contesto più ampio delle sanzioni in Europa orientale

NIS non è l’unica compagnia energetica dell’Europa orientale a dover affrontare cambiamenti nella proprietà a causa delle sanzioni. Recentemente, la Bulgaria ha approvato una legge che consente di portare sotto controllo statale una importante raffineria di proprietà di Lukoil, mentre l’Ungheria ha ottenuto un’esenzione di un anno per continuare le importazioni di petrolio russo.

Questi sviluppi evidenziano come le sanzioni americane stiano influenzando non solo la Serbia, ma l’intera regione, costringendo i governi a rivedere le loro strategie energetiche per garantire la stabilità e la sicurezza delle forniture.