Basilea, 19 giu. (askanews) – L’acqua, l’abisso, la luce: un percorso che scende nelle profondità e poi risale ed evoca tutta la poesia dell’ignoto, tutta la forma dell’arte quando si cala dentro il mondo e ne restituisce una lettura che si pone a un livello di realtà diverso, e diventa esperienza. Il Museum Tinguely di Basilea ospita, in coincidenza della settimana di Art Basel, la mostra “Midnight Zone” dell’artista franco-svizzero Julian Charrière, capace di portare il visitatore in una dimensione di profondo contatto con l’elemento acquatico, nel quale i confini si dissolvono e nasce una dimensione che possiamo solo chiamare poetica, nella sua perenne sospensione.
Fotografie, oggetti, sculture, installazioni e soprattutto video, che si fissano nella memoria proprio perché partono da luoghi remoti, nello spazio certo, ma anche dentro di noi. Il ragionamento è scientifico, ma quello che si genera sono immagini della memoria, sono sogni, nel senso più concreto della parola, sono vestigia della nostra immaginazione culturale. E qui, nel perdere la forma specifica di quello che vediamo per scivolare nella dimensione dell’archetipo o dell’idea, la mostra vince la sua partita. Tanto emotiva quanto di senso e di discorso artistico. E quelle visioni sottomarine si rivelano forme del Sublime, alla fine.
È chiaro che nel grande discorso di Charrière rientra anche il tema della crisi climatica, ben simboleggiata sia dagli iceberg della parte “bianca” della mostra, sia dalle fotografie di lento sprofondamento nel buio, ma le opere dell’artista non sono didascalie, bensì dispositivi che attivano l’esperienza dei problemi e delle contraddizioni che dobbiamo affrontare nella nostra condizione di uomini di questo pianeta oggi.
L’Oceano, ci vuole dire “Midnight Zone”, non è l’opposto della terra, ma è la sua precondizione. E in questa prospettiva noi, da sempre, siamo sospesi tra i suoi flutti.