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La lettera di un detenuto
Il 30 aprile, Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma, ha inviato una lettera al ministro della Giustizia, Carlo Nordio, dalla sua cella nel carcere di Rebibbia, dove sta scontando una pena di un anno e dieci mesi. Insieme a un altro detenuto, Fabio Faldo, noto come “Lo Scrivano di Rebibbia”, Alemanno ha voluto portare all’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica una situazione che definisce insostenibile e contraria ai principi costituzionali.
Il sovraffollamento carcerario
Nel testo, i due detenuti evidenziano il problema del sovraffollamento, che compromette il principio rieducativo della pena, come stabilito dall’articolo 27 della Costituzione italiana. Secondo le loro affermazioni, le carceri italiane sono sovraffollate con tassi che superano il 150%, una condizione che non solo viola i diritti dei detenuti, ma mette anche a rischio la loro salute mentale e fisica.
Carenze sanitarie e diritti negati
Alemanno e Faldo denunciano anche le gravi carenze sanitarie all’interno delle strutture carcerarie, attribuibili alla scarsità di personale e alla mancanza di diagnosi e cure adeguate. La lettera sottolinea la negazione della detenzione domiciliare per gli ultra-settantenni e l’inadempienza della sentenza ‘Torreggiani’ della Corte Europea dei Diritti Umani, che ha messo in luce le condizioni disumane di detenzione in Italia.
Inoltre, i detenuti lamentano la negazione dei permessi premio, nonostante le loro condotte esemplari, e l’abuso della custodia cautelare, che ha portato a oltre 1.180 casi di ingiusta detenzione, con un costo per lo Stato di 27 milioni di euro in risarcimenti. Questi elementi pongono interrogativi sulla gestione del sistema penale e sulla necessità di riforme urgenti.