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Femminicidio: oltre la legge, la necessità di prevenzione

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Una legge contro il femminicidio è solo il primo passo, ma non basta: servono educazione e prevenzione.

Diciamoci la verità: l’approvazione della legge sul femminicidio ha fatto rumore, ma è davvero la panacea per un problema così incancrenito come la violenza di genere? Mentre i politici si affrettano a festeggiare i loro successi, la realtà è ben diversa: il cambiamento deve andare ben oltre il semplice inasprimento delle pene. Certo, introdurre un reato specifico è un passo importante, ma illuderci che basti a risolvere un fenomeno complesso e profondo come la violenza contro le donne sarebbe un errore madornale.

Fatti e statistiche scomode

Le cifre parlano chiaro: in Italia, un femminicidio avviene ogni tre giorni. Ma non è solo il numero degli omicidi a doverci preoccupare; la violenza di genere abbraccia una vasta gamma di abusi, dai maltrattamenti psicologici a quelli fisici. In questo contesto, introdurre il reato di femminicidio è solo una parte della soluzione. Infatti, secondo studi condotti da vari centri antiviolenza, il 70% delle donne che subiscono violenza non denuncia mai il proprio aggressore. E perché? Per paura, vergogna e, spesso, per la mancanza di fiducia nelle istituzioni. La repressione non basta, e lo sappiamo tutti.

Inoltre, è fondamentale parlare di prevenzione. Trattare la violenza di genere come un problema unicamente repressivo è come tentare di estirpare un albero senza curare le radici. Queste radici sono profonde e affondano in una cultura patriarcale che continua a perpetuarsi, in cui le donne vengono spesso viste come oggetti, piuttosto che come esseri umani con diritti e dignità. È qui che deve entrare in gioco l’educazione: abbiamo bisogno di una vera e propria rivoluzione culturale che inizi dalle scuole, insegnando fin dall’infanzia il rispetto reciproco e la parità di genere.

Analisi controcorrente della situazione

Ma cosa sta realmente facendo il governo per affrontare questa emergenza? La leader del PD, Elly Schlein, ha giustamente messo in evidenza l’importanza di investire nella formazione degli operatori delle forze dell’ordine e nella creazione di spazi sicuri per le donne. Ma questa è solo una parte della storia. La verità è che, mentre ci si concentra sull’approvazione di leggi e normative, si ignora spesso il cuore del problema: la necessità di un cambiamento culturale profondo e duraturo.

Le leggi possono essere un deterrente, certo, ma senza una coscienza collettiva che condanni in modo inequivocabile la violenza di genere, resteranno solo parole su un pezzo di carta. E non possiamo nemmeno ignorare il fatto che, in molte situazioni, gli stessi apparati statali non sono preparati ad affrontare il problema con la serietà che merita. Ci sono troppi casi di donne che, dopo aver denunciato, si trovano a dover affrontare un sistema che non le sostiene. È davvero il momento di alzare la voce e chiedere di più.

Conclusione che disturba ma fa riflettere

In definitiva, il reato di femminicidio è un passo avanti, ma non basta. Serve un’azione concertata che coinvolga tutti: istituzioni, scuole, famiglie e la società civile. Solo una vera mobilitazione collettiva può portare a un cambiamento significativo. La legge è un inizio, ma il vero cambiamento deve avvenire nella mentalità delle persone. È ora di smettere di accontentarci delle soluzioni facili e cominciare a lavorare per un cambiamento duraturo.

Quindi, mentre applaudiamo le nuove normative, ricordiamoci che la vera battaglia si gioca nell’educazione, nella prevenzione e nella costruzione di una cultura che rifiuti ogni forma di violenza. Cosa possiamo fare, ognuno di noi, per contribuire a una società che non solo punisce, ma previene? La risposta è nelle nostre mani. Dobbiamo chiederci: siamo disposti a impegnarci per questa causa?