> > Firenze, il Museo della Moda racconta il 900 tra abiti e opere d'arte

Firenze, il Museo della Moda racconta il 900 tra abiti e opere d'arte

Firenze, 16 lug. (askanews) – Un secolo di moda, dal Charleston agli anni Ottanta di Enrico Coveri, passando per le creazioni di Elsa Schiaparelli, Yves Saint Laurent, Pierre Cardin e Roberto Capucci. Il Novecento raccontato attraverso 40 abiti simbolo della più elevata sartorialità mondiale, molti dei quali mai esposti, che ora stanno in dialogo con opere di artisti come Felice Casorati o Alberto Burri: è il nuovo allestimento realizzato dal Museo della Moda di Palazzo Pitti s Firenze.

“Sempre costumi e vestiti, abiti in dialogo con le opere d’arte – ha detto ad askanews Simone Verde, direttore delle Gallerie degli Uffizi – per sottolineare innanzitutto la co-presenza dentro quest’istituto di due collezioni importanti, cioè quella della Galleria d’arte moderna e del Museo della Moda e Costume, come la moda sia a pieno titolo un capitolo della storia del gusto e dell’estetica, non soltanto una aneddotica storia della società e del costume appunto. Quest’anno abbiamo approfondito ancora di più i rapporti fra le opere e gli abiti con un allestimento che speriamo piacerà gli specialisti al pubblico”.

Ognuna delle nove sale racconta un periodo, dagli anni Venti fino agli Ottanta e ogni sala vive di un proprio spirito, legato alle creazioni di moda in dialogo con la cultura del periodo. E l’intento del progetto non è solo quello di documentare la storia del gusto, ma va anche oltre. “Dimostrare come questi abiti siano delle opere d’arte a pieno titolo – ha aggiunto Verde – quasi delle sculture concepite però per una visione del mondo che ha a che vedere con il tempo e con la vita e che fortemente è più democratica rispetto a quella dei secoli che hanno preceduto il Novecento e che hanno fatto proprio nel Ventesimo secolo il momento di democratizzazione massima dell’arte e quindi dell’invenzione di quest’arte da portare che cambia la vita e la migliora tutti i giorni”.

In qualche modo l’idea è quella di superare le distinzioni tra le arti visive e quelle applicate, in una visione di arte in generale che è più ampia e inclusiva.