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A “guardia” del bene comune

Chi veglia sul Gran Paradiso

L’esperienza nel Parco del Gran Paradiso

L’Heidi di questo incontro è Stephanie Bethaz, una delle poche donne Guardaparco del Parco Nazionale del Gran Paradiso. “È difficile restare soli con i propri pensieri, specialmente di fronte a un problema” – afferma Stephanie in una recente intervista – “Eppure la solitudine in montagna può aiutare a riscoprirsi e a riconnettersi con quell’ambiente naturale che la società moderna sembra aver messo da parte.

Questa professione permette proprio di ristabilire questo legame ancestrale.”

Da bambina Stephanie sognava di diventare astronauta. Oggi è Guardaparco e ad accomunare queste due professioni – apparentemente distanti – sono i grandi spazi, il silenzio e la solitudine. La sua passione per la montagna è sempre stata presente, ma la scelta professionale è nata durante la tesi universitaria in biotecnologie, incentrata sul camoscio in collaborazione con il Parco nazionale del Gran Paradiso che l’ha conquistata con la bellezza della vita all’aria aperta, in netto contrasto con quella di “topo di laboratorio”.

Oggi Stephanie svolge la sua sorveglianza presso lo storico Casotto Mont Blanc in Val di Rhemes risalente alla fine dell’800: il lavoro si modella sulle stagioni, non esiste una routine fissa e la costante è la vita in alta quota al servizio del Parco.

“Il datore di lavoro” di Stephanie è il Parco Nazionale del Gran Paradiso, istituito nel 1922 (il primo in Italia) per tutelare fauna, flora e paesaggio, oggi vigilato da un corpo di 50 Guardaparco tra Valle d’Aosta e Piemonte. Il parco è un bene comune, una risorsa condivisa che attraverso un crescente dialogo con le comunità locali, è stato in grado di trasformarsi da area di conflitto a un’opportunità di sviluppo e rilancio economico. Un percorso che ha richiesto una gestione e una protezione appropriate, anche grazie alla partecipazione attiva dei visitatori per assicurare benefici a tutti, dagli studenti che partecipano ai percorsi didattici, agli alpinisti, ai turisti o alle persone che dimorano nelle valli del Parco. Il bene comune, a differenza della “res nullius” (cosa di nessuno), non è un bene privo di proprietario e occupabile da chiunque. Al contrario è un bene collettivo che esige la cura, la gestione e la responsabilità congiunta dell’intera comunità. Non si tratta di una proprietà privata, ma di un principio basato sulla condivisione e sulla tutela per garantirne la conservazione a beneficio delle generazioni presenti e future. Ed è in questo contesto che si inserisce e diventa centrale l’attività del Guardaparco che è appunto a tutela e a sorveglianza di un bene che spesso è considerato – proprio perché comune e quindi accessibile – una sorta di villaggio turistico ad ingresso gratuito. Il turismo in questi anni è mutato radicalmente e avvicina alla montagna persone impreparate sia tecnicamente e sia alle modalità con le quali si deve fruire la montagna: per una foto o un selfie si è disposti a tutto, anche a correre rischi per la propria sicurezza o a disturbare la quiete e la vita degli animali. Il Guardaparco ha un doppio ruolo: quello della sentinella che veglia sul silenzio e la pace, ma anche quello di custode di un tesoro, capace di svelarne i lati più nascosti e preziosi. Una guida capace di andare oltre alla ricerca romantica del turista: il Parco infatti – come ci tiene a precisare Stephanie – non è solo lo stambecco o il camoscio ma è uno scrigno che racchiude una varietà faunistica e floristica inestimabili. E il ruolo della nostra Heidi e dei suoi colleghi Guardaparco è fondamentale per conoscere e far conoscere le Alpi per quello che sono e sono state. Saper vivere il Parco è ben più difficile ma molto più arricchente rispetto al semplice visitarlo.