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Il processo e le accuse contro Castellucci
Nel contesto del processo per il crollo del ponte Morandi, che ha causato la tragica morte di 43 persone, emergono dettagli inquietanti sulle dichiarazioni dell’ex amministratore delegato di Autostrade per l’Italia, Giovanni Castellucci. I pubblici ministeri Walter Cotugno e Marco Airoldi, nella loro memoria di oltre cinquemila pagine, mettono in discussione la veridicità delle affermazioni di Castellucci riguardo ai rapporti tra Autostrade e Spea, la società incaricata della sorveglianza.
Il rapporto tra Aspi e Spea: un controllo insufficiente
Secondo i pm, Castellucci avrebbe descritto un rapporto di direzione e coordinamento tra le due società, ma in realtà, il controllo era molto più stretto e non conforme alle esigenze di sicurezza. Aspi avrebbe appaltato a Spea l’attività di sorveglianza, ma con risorse insufficienti, rendendo difficile, se non impossibile, una sorveglianza efficace. Questo solleva interrogativi sulla gestione della sicurezza e sull’adeguatezza delle misure adottate per prevenire il disastro.
Le affermazioni di efficienza e il piano accelerato
I pubblici ministeri non si fermano qui. Nella loro memoria, criticano anche la “farsesca rappresentazione di efficienza e tempestività” fornita da Castellucci riguardo a un presunto piano accelerato per il rifacimento della soletta del viadotto Polcevera. I pm si chiedono quanto fosse realmente accelerato l’intervento, considerando che ci sarebbero voluti ancora 20 mesi per completare un progetto esecutivo che, secondo loro, era pieno di errori e omissioni. Questo solleva ulteriori dubbi sulla capacità di Autostrade di gestire situazioni di emergenza e di garantire la sicurezza delle infrastrutture.
La tesi del difetto eccezionale smontata
Infine, l’accusa si oppone alla tesi del difetto eccezionale e imprevedibile, citando precedenti giudiziari, come quello relativo alla strage del bus di Avellino. Anche in quel caso, la società aveva sostenuto che l’incidente fosse imprevedibile, mentre i giudici avevano stabilito il contrario, evidenziando che si trattava di un problema noto in ambito ingegneristico. La scelta di limitare il monitoraggio a ispezioni visive, come nel caso di Avellino, evidenzia un approccio negligente alla sicurezza, che potrebbe aver contribuito al disastro del ponte Morandi.