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Il diritto all’oblio nel complesso scenario digitale

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Nell'era iperconnessa in cui viviamo, dove ogni nostra azione online lascia una traccia potenzialmente indelebile, emerge con forza il concetto di diritto all'oblio.

Questo diritto fondamentale riconosce ad ogni cittadino la facoltà di tutelare la propria sfera privata, aspirando a una sorta di anonimato digitale. In termini pratici, si traduce nella possibilità di ottenere la cancellazione di dati personali diffusi sul web – siano essi archivi di notizie, profili social o sistemi informatici – qualora la loro persistenza possa arrecare pregiudizio.

“Un esempio emblematico è quello del cittadino che, avendo commesso un reato in gioventù e scontato la propria pena, si trova ostacolato nel reinserimento sociale. La facile reperibilità online di vecchi articoli di cronaca che lo riguardano può innescare un circolo vizioso, precludendogli opportunità lavorative e marchiandolo indelebilmente agli occhi di potenziali datori di lavoro. È proprio in questo scenario che il diritto all’oblio si configura come un meccanismo di protezione e di seconda opportunità” – dichiara l’avvocato Daniele Davide Fortugno, titolare dell’omonimo Studio di Padova.

L’importanza della normativa ad hoc

La ratio di questo diritto risiede nella constatazione che informazioni relative al passato, quando non più attuali o pertinenti con il presente, non debbano continuare a influenzare negativamente la vita di un individuo. “Il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) ha sancito a livello europeo l’obbligo di cancellazione di tali dati, riconoscendo un diritto di matrice comunitaria già, comunque, presente negli articoli 7 e 8 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea” – continua l’avvocato Fortugno. “Un’evoluzione significativa si è registrata anche in riferimento ai dati sanitari, con la possibilità per le persone affette da gravi patologie oncologiche di richiedere la rimozione di informazioni sensibili con una semplice istanza”.

Nonostante il quadro normativo, l’esercizio del diritto all’oblio si scontra spesso con ostacoli significativi. Una prima barriera è rappresentata dalla mancanza di consapevolezza da parte dei cittadini stessi, che spesso ignorano l’esistenza di questo strumento di tutela della privacy e molti non sanno di poter richiedere la rimozione di informazioni pregiudizievoli dai motori di ricerca.

Il secondo ostacolo, non meno rilevante, emerge nel momento in cui il cittadino tenta di esercitare concretamente il proprio diritto, rivolgendosi direttamente alle testate giornalistiche o ai titolari dei siti web. “In molti casi, si riscontra una resistenza alla cancellazione, costringendo l’interessato a intraprendere vie legali, con i costi e i tempi che ne conseguono. L’intervento di un avvocato e il ricorso all’autorità giudiziaria diventano spesso passaggi obbligati per far valere un diritto che dovrebbe essere di più facile fruizione.”

L’equilibrio tra oblio, libertà di espressione e diritto all’informazione

La conciliazione tra il diritto all’oblio e i principi cardine della libertà di espressione e del diritto all’informazione rappresenta un nodo cruciale. L’articolo 21 della Costituzione italiana sancisce la libertà di manifestare il proprio pensiero, che include il diritto di cronaca, ovvero il diritto di informare ed essere informati.

“Tuttavia, è fondamentale comprendere che questo diritto di cronaca non è illimitato e deve trovare un punto di equilibrio con il diritto all’oblio. Se in un primo momento la divulgazione di un fatto di cronaca può essere legittima e rispondere a un interesse pubblico, tale interesse tende a scemare con il passare del tempo, soprattutto quando i fatti non hanno più alcuna attinenza con l’attualità”, sottolinea l’avvocato. “In questi casi, il diritto all’oblio prevale, consentendo la rimozione di dati non più pertinenti.”

Inoltre, è importante distinguere l’attività giornalistica dall’attività storiografica. Con l’attività giornalistica si informa il pubblico sull’attualità dei fatti accaduti, ovvero i fatti di cronaca, mentre con l’attività storiografica, il giornalista può certamente rievocare fatti del passato, ma con la cautela di non indicare le persone coinvolte in specifici episodi di cronaca, a meno che non si tratti di figure pubbliche, per le quali la soglia della privacy è notoriamente più bassa.

La responsabilità dei motori di ricerca e dei social network

Un ruolo cruciale nella tutela del diritto all’oblio è rivestito dai motori di ricerca e dalle piattaforme social. “La loro responsabilità può essere di natura patrimoniale e non patrimoniale nei confronti di chi vede leso il proprio diritto a causa della diffusione di informazioni pregiudizievoli. Qualora un cittadino si veda negato il diritto all’oblio e sia costretto a ricorrere all’autorità giudiziaria, quest’ultima, dopo un’attenta valutazione del caso, può condannare la testata giornalistica, l’editore o la piattaforma social al risarcimento del danno subito.” – dichiara Fortugno.

Questo può includere sia il danno economico, come la perdita di opportunità lavorative, sia il danno morale, derivante dalla lesione della reputazione e della dignità.

Al riguardo, le rapide evoluzioni tecnologiche e le crescenti preoccupazioni sulla privacy pongono interrogativi inquietanti sul futuro del diritto all’oblio. La facilità con cui i dati vengono acquisiti e diffusi online, spesso senza un adeguato controllo, rappresenta una minaccia costante a questa fondamentale garanzia.

In questo scenario, “il legislatore è chiamato a svolgere un ruolo sempre più cruciale. È necessaria una normativa più esaustiva ed efficace, capace di garantire procedure celeri e certe per la rimozione dei dati e per il risarcimento dei danni subiti”, conclude l’avvocato.

Solo attraverso un intervento normativo incisivo sarà possibile arginare l’erosione del diritto all’oblio e assicurare ai cittadini una reale protezione della propria identità digitale di fronte alle ombre del passato che il web non dimentica.

Studio Legale Fortugno Daniele Davide

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