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Il presidente della UEFA, Aleksander Ceferin, ha recentemente commentato l’esclusione delle squadre russe dalle competizioni calcistiche internazionali, sottolineando che tale decisione è stata motivata da forti pressioni politiche. In un’intervista con Politico, Ceferin ha messo in evidenza le differenze nel trattamento delle squadre israeliane, suggerendo che le motivazioni siano sia politiche che civili e che entrambe giochino un ruolo cruciale in questa disparità.
Le dichiarazioni di Ceferin e la questione politica nel calcio
Ceferin ha apertamente espresso la sua opposizione all’esclusione delle squadre israeliane, affermando che, mentre le pressioni politiche hanno influenzato l’esclusione delle squadre russe, nel caso di Israele la situazione è più complessa. «Con la situazione in Russia e Ucraina, c’era una pressione politica molto forte», ha dichiarato Ceferin. «Per Israele è più una pressione della società civile che dei politici», evidenziando come i politici siano spesso più pragmatici nelle loro decisioni.
Durante l’intervista, Ceferin ha esaminato i legami tra sport e politica, sostenendo che lo sport dovrebbe essere un rifugio dalle controversie politiche. Ha affermato: «Escludere gli atleti sarebbe sbagliato in ogni situazione». Secondo il presidente della UEFA, la guerra tra Russia e Ucraina è un esempio lampante di come l’esclusione degli atleti non possa influenzare le dinamiche politiche. «Cosa può fare un atleta al proprio governo per fermare una guerra?», ha chiesto provocatoriamente.
La reazione alla guerra e le pressioni politiche
Ceferin ha spiegato che la reazione quasi isterica del mondo politico nei confronti della Russia ha portato all’esclusione immediata delle sue squadre dalle competizioni. «Siamo stati tra i primi ad agire, convinti che lo sport potesse contribuire a porre fine a questa tragedia», ha detto. Tuttavia, ha riconosciuto che tale approccio non ha portato a risultati concreti, evidenziando la frustrazione del mondo sportivo.
Inoltre, ha rivelato che la UEFA ha provato a permettere la partecipazione di atleti russi di età inferiore ai 17 anni in competizioni internazionali, ma ha dovuto affrontare nuovamente una forte opposizione politica. «La politica ha esercitato pressione su alcuni membri del comitato esecutivo», ha affermato Ceferin, chiarendo che non si trattava di una decisione interna alla federazione, ma di una risposta alle pressioni esterne.
Le differenze tra Russia e Israele: una questione di pragmatismo
In conclusione, Ceferin ha ribadito che le differenze nel trattamento delle squadre russe e israeliane sono il risultato di un pragmatismo politico. «C’è più una pressione della società civile che dei politici», ha spiegato, suggerendo che le mobilitazioni civili non sono sufficienti a determinare un cambiamento. La situazione attuale, secondo Ceferin, mette in evidenza un doppio standard nel trattamento delle nazioni coinvolte in conflitti, creando preoccupazioni su come le decisioni sportive siano influenzate dalla politica.
La posizione della UEFA è dunque chiara: la politicizzazione dello sport è un problema complesso e la gestione delle esclusioni deve tener conto di molteplici fattori, inclusi quelli sociali e civili. La questione rimane controversa e suscita interrogativi su quali siano i criteri reali che governano le decisioni nel mondo dello sport.