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“Ma quanto cazzo di turisti ci sono in Italia?”
È la domanda spontanea guardando le stazioni stipate, i treni pieni, le valigie ovunque, i ristoranti in overbooking, le città d’arte gremite. Non è un’impressione: è la realtà di un Paese che sembra aver scelto il turismo come unica strada, senza limiti né regole.
Dati che non mentono
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458,4 milioni di presenze turistiche negli esercizi ricettivi nel 2024, +2,5% rispetto al 2023, record storico.
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Oltre 250 milioni erano stranieri, +6,8% rispetto all’anno precedente.
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Le stime per l’estate 2025 parlano di 65,8 milioni di arrivi e 267,4 milioni di presenze, +3,4% e +2,1% rispetto al 2024.
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Secondo ENIT, nei soli aeroporti italiani si attendono 27 milioni di turisti, di cui quasi 19 milioni internazionali.
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A giugno 2025, arrivi 16,79 milioni e presenze oltre 59 milioni; permanenza media 3,3 notti per lo straniero, 2,64 per l’italiano.
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Nei primi 18 giorni di agosto 2025, oltre 15,6 milioni di arrivi, +9,3% rispetto allo stesso periodo 2024.
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Nel primo semestre 2025, le entrate turistiche mostrano surplus e crescita delle spese dei viaggiatori internazionali.
Il paradosso dell’eccesso
Turismo significa ricchezza, certo. Ma quando soffoca il tessuto vivo delle città, svuota la popolazione locale e allontana i giovani dalle proprie città, quell’eccesso diventa drenaggio, non volano.
L’Italia non ha solo un problema di turismo: ha un problema di equilibrio territoriale, sostenibilità sociale e culturale.
Chi spinge l’onda turistica
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Piattaforme globali (Booking, Airbnb, Expedia) che dirigono milioni verso le stesse località “instagrammabili”.
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Operatori turistici e catene alberghiere, che cavalcano la domanda, alzano i prezzi e saturano l’offerta.
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Comuni e amministrazioni locali, che contano sulle tasse e sui contributi del turismo senza investire seriamente nei servizi per cittadini.
Il risultato: prezzi alle stelle, residenze storiche svendute a uso vacanza, quartieri trasformati in “zone museo”. Il turismo incontrollato soffoca la vita quotidiana dei residenti.
Le storture del sistema turistico moderno
1. La diavoleria della fissazione dinamica dei prezzi
Le piattaforme online regolano tariffe in tempo reale secondo domanda e offerta. Questo crea speculazioni selvaggenei picchi turistici: camere d’albergo e ristoranti diventano inaccessibili, penalizzando turisti meno abbienti e residenti.
2. Turisti equiparati a business men
Tutti pagano le stesse tasse di soggiorno, senza considerare la spesa reale. Un turista che spende 6.000 euro a notteversa la stessa quota di chi soggiorna per lavoro in una camera da 80 euro: un assurdo economico che aggrava la pressione sui cittadini.
3. Insta-Tourism: il turismo da Instagram
Il 73% dei viaggiatori dichiara che le raccomandazioni degli influencer influenzano le scelte di viaggio, e il 68% nota che l’attenzione alla “fotogenia” rende molti hotel simili tra loro, riducendo autenticità ed esperienza culturale.
Il turismo di lusso, promosso dai social, concentra visitatori su hotel e esperienze visivamente attraenti, creando una bolla speculativa: prezzi elevati, standardizzazione delle strutture e perdita di unicità. Questo fenomeno aggrava le disuguaglianze e mette a rischio la sostenibilità delle città.
Proposte per un turismo che non ci distrugga
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Regolare i flussi turistici con quote d’ingresso o limitazioni nei giorni di picco.
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Promuovere turismo lento e diffuso, valorizzando borghi poco conosciuti.
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Destinare proventi delle tasse turistiche al miglioramento dei servizi per residenti.
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Distribuire la domanda fuori stagione, con marketing e incentivi mirati.
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Riorientare gli algoritmi delle piattaforme verso rotte alternative, riducendo l’insta-tourism.
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Limitare la fissazione dinamica dei prezzi per evitare speculazioni.
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Graduare la tassa di soggiorno in base al reale potere d’acquisto dei visitatori.
L’Italia può restare regina del turismo mondiale senza svendere l’anima delle sue città. Serve coraggio, regolazione e visione. E basta con chi specula.