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La recente votazione del Parlamento lettone ha suscitato grande allarme e preoccupazione, segnando un potenziale cambiamento nei diritti delle donne nel paese. Con un risultato di 56 voti favorevoli e 32 contrari, il Parlamento ha deciso di abbandonare la Convenzione di Istanbul, un trattato internazionale mirato a combattere la violenza domestica e a proteggere le donne.
Questa decisione arriva a solo un anno dall’entrata in vigore della convenzione in Lettonia.
Il contesto della votazione
Il dibattito parlamentare ha avuto una durata di oltre 14 ore, attirando l’attenzione di numerosi gruppi per i diritti umani. La proposta di uscita è stata avanzata da partiti di destra come Latvia First, che hanno ottenuto il supporto di alcuni membri della coalizione di governo attuale. L’alleanza tra diverse forze politiche ha messo in evidenza fratture significative all’interno del governo, creando tensioni in vista delle prossime elezioni.
Le reazioni alla decisione
Numerosi esponenti politici e attivisti dei diritti umani hanno condannato la scelta del Parlamento. Andris Šuvajevs, leader del gruppo parlamentare del Partito Progressista, ha definito la votazione un atto vergognoso. In risposta, circa 5.000 manifestanti si sono riuniti fuori dal Parlamento, esprimendo il loro dissenso con cartelli che recitavano frasi come “Mani lontani dalla Convenzione di Istanbul”. Queste manifestazioni hanno evidenziato l’opposizione pubblica alla decisione di ritirarsi dalla convenzione.
Motivazioni e implicazioni della ritirata
Le motivazioni dei sostenitori dell’uscita dalla convenzione si basano su una critica di tipo ideologico. Ingūna Millere, esponente di Latvia First, ha definito la Convenzione come un prodotto del radicalismo femminista, affermando che la ratifica fosse più un marketing politico che un autentico impegno contro la violenza. Questa narrativa ha trovato supporto in un contesto politico europeo caratterizzato da crescenti sentimenti anti-diritti.
Le conseguenze di questo ritiro potrebbero essere significative. Tamar Dekanosidze, rappresentante dell’organizzazione per i diritti delle donne Equality Now, ha avvertito che questa decisione non solo indebolirebbe i diritti delle donne in Latvia, ma potrebbe anche avere un impatto negativo sui movimenti per i diritti umani in tutta Europa, avvicinando il paese a regimi autoritari come quello della Russia.
Il ruolo del Presidente
Per rendere effettivo il ritiro dalla Convenzione di Istanbul, è necessaria la firma del Presidente lettone Edgars Rinkēvičs. Sebbene abbia manifestato riserve sulla decisione del Parlamento, non ha specificato come intende procedere. Rinkēvičs ha a disposizione dieci giorni per prendere una decisione e potrebbe rinviare la legge per un ulteriore esame. Questo scenario apre a diverse possibilità sull’evoluzione della situazione nei prossimi giorni.
Un futuro incerto per i diritti delle donne in Latvia
La decisione di abbandonare la Convenzione di Istanbul segna un punto di svolta significativo per i diritti delle donne in Latvia. Se il Presidente non si opporrà alla fuoriuscita, la Latvia diventerà il primo paese dell’Unione Europea a compiere un passo del genere, seguendo l’esempio della Turchia, che ha abbandonato la convenzione.
La situazione attuale solleva interrogativi sull’impegno della Latvia nei confronti dei diritti umani e delle politiche di genere. Questo accade in un contesto in cui molti paesi europei stanno cercando di rafforzare tali diritti. La comunità internazionale attende con ansia la decisione finale del Presidente, che potrebbe determinare il futuro dei diritti delle donne in Latvia.
 
								