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Le banche italiane nel novembre 2025: tra trasformazione digitale, margini in rallentamento e nuova concorrenza

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Il settore bancario italiano arriva alla fine del 2025 in una fase di transizione complessa, caratterizzata da un rallentamento dei margini dopo due anni eccezionali e da un’accelerazione irreversibile dei processi di digitalizzazione.

L’impatto degli alti tassi di interesse, che aveva sostenuto la redditività nel 2023 e 2024, si sta attenuando, mentre crescono le pressioni competitive provenienti sia dal fintech sia dalle grandi piattaforme tecnologiche. Nel complesso, il sistema resta solido, con livelli patrimoniali elevati e rischiosità sotto controllo, ma gli istituti si trovano nella necessità di ripensare il modello di servizio.

La dinamica dei tassi rappresenta la principale variabile del 2025. Con la progressiva discesa dell’inflazione e l’aspettativa di un allentamento monetario nel 2026, il margine di interesse tende a stabilizzarsi su livelli più bassi rispetto ai picchi dell’anno precedente. Le banche rispondono puntando sulla diversificazione dei ricavi, in particolare attraverso i servizi di consulenza finanziaria, la gestione del risparmio e l’offerta di soluzioni assicurative e previdenziali. L’attività di credito continua, ma con criteri più selettivi, soprattutto verso il comparto delle PMI che risente della congiuntura economica e dei costi finanziari ancora elevati.

Parallelamente, prosegue la trasformazione digitale. L’intelligenza artificiale generativa, introdotta in modo più sistematico nel corso del 2025, sta modificando processi chiave come l’analisi del rischio, la gestione documentale e il supporto ai clienti. Gli istituti che hanno investito nella modernizzazione dei sistemi stanno già beneficiando di riduzioni significative dei tempi operativi e di un miglioramento della qualità del servizio. Tuttavia, l’integrazione completa dell’IA richiede ancora tempo, in particolare nei comparti più regolamentati come compliance, antiriciclaggio e controlli interni. La concorrenza di fintech e big tech rimane un fattore strategico. Molte startup specializzate in prestiti digitali, pagamenti e servizi per le imprese stanno guadagnando quote di mercato, soprattutto presso i clienti più piccoli e agili. In risposta, le banche stanno stringendo partnership con operatori tecnologici e potenziando i propri ecosistemi digitali. Alcuni grandi gruppi hanno lanciato piattaforme aperte che integrano servizi bancari, assicurativi, amministrativi e di gestione aziendale, cercando di offrire un’esperienza più completa alle imprese. Sul fronte della solidità, il sistema continua a presentare indicatori robusti. I livelli di capitale sono superiori ai requisiti regolamentari e il tasso di deterioramento del credito rimane contenuto, anche se in lieve aumento nei settori più esposti ai costi energetici e alle tensioni geopolitiche. Le famiglie mostrano un comportamento prudente: il ricorso al mutuo è in calo, mentre cresce la liquidità sui conti e l’interesse per strumenti a basso rischio. La rete territoriale è ancora oggetto di razionalizzazione.

Prosegue la riduzione degli sportelli tradizionali a favore di filiali più specializzate, team mobili e servizi online. Il ruolo del gestore rimane centrale, ma assume un’impronta più consulenziale che operativa. Cresce inoltre la necessità di competenze ibride: figure capaci di integrare conoscenze finanziarie, capacità relazionali e uso evoluto degli strumenti digitali. Guardando al 2026, il settore bancario italiano si muove verso un modello più selettivo e orientato ai servizi. La redditività tornerà a dipendere meno dalla politica monetaria e più dalla capacità degli istituti di differenziare l’offerta, gestire il rischio in modo avanzato e sfruttare appieno il potenziale della tecnologia. Il quadro resta in evoluzione, ma la direzione è chiara: un sistema bancario più snello, più digitale e più competitivo, chiamato ad accompagnare imprese e famiglie in un contesto globale ancora incerto ma ricco di opportunità.