La morte di Dick Cheney, ex vicepresidente degli Stati Uniti durante i due mandati di George W. Bush, segna la fine di una delle carriere politiche più influenti e controverse della storia americana recente. Architetto della “guerra al terrore” e figura chiave dell’amministrazione repubblicana nei primi anni Duemila, Cheney ha lasciato un’eredità complessa, segnata tanto dal potere esercitato quanto dalle profonde divisioni che ha contribuito a generare nel panorama politico statunitense.
È morto Dick Cheney: declino e distacco dal partito repubblicano
Per decenni punto di riferimento dell’establishment conservatore, Cheney vide progressivamente incrinarsi il suo rapporto con il Partito Repubblicano. Fedele alle proprie convinzioni, non ha esitato a criticare duramente Donald Trump, definendolo un pericolo per la democrazia americana e accusandolo di codardia politica.
Questa posizione lo ha portato all’emarginazione all’interno del suo stesso schieramento. Negli ultimi anni, il suo sostegno alla figlia Liz — anch’essa oppositrice di Trump — e, più recentemente, alla democratica Kamala Harris, ha segnato definitivamente la sua distanza dall’ala trumpiana del partito.
È morto Dick Cheney: addio all’ex vicepresidente dell’era Bush
Dick Cheney, scomparso all’età di 84 anni, è stato una delle figure più influenti e discusse della politica statunitense contemporanea. Vicepresidente durante gli otto anni di amministrazione di George W. Bush (2001-2009), Cheney ha avuto un ruolo determinante nel definire la strategia americana dopo gli attentati dell’11 settembre.
Considerato il principale promotore della “guerra al terrore”, ha sostenuto l’intervento militare in Iraq e contribuito a plasmare una politica estera improntata al principio della sicurezza preventiva. La sua visione, spesso giudicata spregiudicata e autoritaria, lo rese l’uomo più potente mai arrivato alla vicepresidenza degli Stati Uniti, tanto da essere definito il vero regista dell’amministrazione Bush.