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La Procura di Pavia ha chiesto una condanna a 11 anni e 4 mesi per Massimo Adriatici, ex assessore leghista alla Sicurezza, oggi imputato con rito abbreviato per l’omicidio di Younes El Boussettaoui, 39 anni, ucciso da un colpo di pistola la sera del 20 luglio 2021 in piazza Meardi.
La ricostruzione della Procura
Secondo l’accusa, fu il proiettile partito dalla Beretta calibro 22 di Adriatici a causare la morte dell’uomo, un 39enne senza dimora fissa conosciuto nella zona. La dinamica dell’episodio è stata oggetto di ricostruzioni contrastanti: l’ex assessore ha sempre sostenuto che il colpo fosse partito accidentalmente durante una caduta, dopo che El Boussettaoui gli avrebbe sferrato «uno schiaffo» davanti a un bar.
In un primo momento, l’ipotesi di reato era quella di eccesso colposo di legittima difesa, interpretando l’esplosione del colpo come conseguenza di una reazione sproporzionata ma non volontaria.
La svolta: «Non fu legittima difesa»
La giudice Valentina Nevoso, però, ha stabilito che il contesto non rientrava nella legittima difesa. A pesare sulla decisione è stata una ripresa video che mostrerebbe Adriatici impegnato in un vero e proprio servizio di ronda armata e pedinamento nei confronti della vittima, descritta come un soggetto già noto alle segnalazioni locali.
Un ulteriore elemento valutato dagli inquirenti riguarda le condizioni dell’arma: nella pistola furono trovati proiettili a punta cava, usati generalmente in poligono e non per difesa personale, e un colpo già in canna. Dettagli considerati indizi significativi di una consapevolezza nell’uso dell’arma e non di un impiego fortuito.
Questi elementi hanno portato alla riqualificazione del reato in omicidio volontario e, il 23 ottobre, all’ammissione del rito abbreviato richiesto dalla difesa.
La richiesta di condanna
Dopo la svolta giuridica, la Procura è tornata a formulare la propria posizione: 11 anni e 4 mesi di reclusione. La decisione finale spetterà ora al giudice, che dovrà valutare il materiale raccolto in questi anni di indagini e il nuovo impianto accusatorio.
Nel frattempo, il caso continua ad alimentare il confronto pubblico sui temi della sicurezza, della gestione delle armi da parte di amministratori locali e sulle circostanze che hanno trasformato un contatto tra due persone in un episodio tragico e irreversibile.