M5S, il presidente De Vito non si dimette dall'assemblea capitolina

I consiglieri temono ripercussioni nel caso di un possibile ritorno del presidente dell'Assemblea.

“Se poco poco torna, quello ce leva pure le mutande“.

Con queste parole, in romanesco, un consigliere capitolino del M5S (rimasto anonimo) commenta ai microfoni del Fatto Quotidiano la permanenza di Marcello De Vito dietro le sbarre. L’idea di un suo possibile ritorno riempie il Campidoglio di un clima di terrore, concordano altri esponenti pentastellati, tutti intenzionati a tenersi a debita distanza dal firmare la richiesta di revoca per il presidente dell’assemblea. Sembra improbabile che si raggiungano le 24 firme necessarie a inoltrare la richiesta.

Resta in carcere, dunque, ma resta anche alla presidenza, a tre mesi dall’arresto per corruzione.

L’arresto di De Vito

Era il 20 marzo scorso quando per Marcello De Vito sono scattate le manette, nell’ambito dell’inchiesta legata alla questione dello stadio della As Roma. Nelle stesse ore, il leader del Movimento Luigi Di Maio ha emesso un comunicato di espulsione dal partito. Paola Basilone, l’allora prefetto di Roma, con un provvedimento lo ha sospeso dal Consiglio comunale per la durata di 18 mesi, secondo quanto previsto dalla legge Severino.

Non è mai arrivato, però, l’ordine di revoca. Allo stato attuale, sono necessarie le dimissioni rassegnate dallo stesso De Vito per farlo decadere da presidente dell’assemblea. Qualora invece il consigliere venisse scarcerato, passando allo status di indagato a piede libero, potrebbe esercitare il proprio diritto a richiedere il suo posto in assemblea, con conseguenti possibili ripercussioni legali sugli altri consiglieri, come temono i pentastellati. La causa legale potrebbe comportare anche il coinvolgimento della Corte dei conti.

La revoca

A frenare la richiesta della revoca da presidente c’è poi una difficoltà interpretativa di quanto affermato dal Segretariato generale del Capidoglio il 7 aprile 2019. Il testo dichiara che la revoca “è ammessa nel solo caso di gravi violazioni della legge, dello statuto e del regolamento”, in relazione al “mancato o non corretto esercizio delle funzioni presidenziali”. Una serie di violazioni che sembrano “non avere collegamenti diretti e immediati” con gli illeciti commessi da De Vito.

Gli avvocati di De Vito, nel frattempo, hanno escluso l’eventualità delle dimissioni. Lo hanno sottolineato già il 24 aprile, in una lettera indirizzata a Virginia Raggi, in cui veniva contestata anche la stessa espulsione dal M5S.