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Regolamenti comunali e anziani: un problema di solitudine

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Un regolamento comunale rischia di spazzare via l'unico legame sociale di molti anziani bolognesi.

Diciamoci la verità: gli anziani non sono solo numeri. Sono persone, con storie, passioni e, soprattutto, necessità. Eppure, quando si parla di regolamenti comunali, spesso dimentichiamo che dietro ogni norma c’è un impatto reale su vite umane. Il caso di Luciano Galletti, un 94enne di Bologna, è emblematico. Da 28 anni coltiva il suo piccolo orto comunale, ma ora si trova a fronteggiare un regolamento che potrebbe privarlo di questa piccola oasi di socialità e tranquillità.

Il regolamento che cancella le passioni

Nel 2016, il Comune di Bologna ha introdotto l’obbligo della rotazione per gli orti comunali. Una scelta apparentemente giusta: garantire a tutti la possibilità di coltivare un piccolo appezzamento. Ma la realtà è meno politically correct: questa decisione sta costringendo circa 700 anziani, tra cui Luciano, a rinunciare a un’attività che non è solo un hobby, ma l’unico modo per socializzare e combattere la solitudine.

Le statistiche parlano chiaro: la solitudine tra gli anziani è un problema crescente in tutto il Paese. Secondo l’Istat, circa il 25% degli over 65 vive da solo, e il rischio di isolamento aumenta con l’età. La socializzazione, per molti di loro, passa attraverso queste piccole attività quotidiane, come la cura di un orto. E ora, un regolamento che mira a uniformare l’uso degli orti potrebbe privarli di questo fondamentale strumento di connessione sociale.

Analisi controcorrente della situazione

Non è solo un problema di orti. È una questione di valori e di rispetto per le persone. La decisione del Comune di Bologna, seppur motivata dalla giusta intenzione di rendere gli orti accessibili a tutti, rischia di danneggiare i più vulnerabili. Luciano e i suoi coetanei non stanno solo perdendo un fazzoletto di terra, ma anche un luogo di incontro, di scambio e di sostegno reciproco.

In un mondo che corre verso la digitalizzazione e l’indifferenza sociale, questa scelta rappresenta un passo indietro. La realtà è che per molti anziani, coltivare un orto non è solo un modo per passare il tempo: è un modo per sentirsi vivi, per interagire con gli altri e per mantenere una routine. Quando si privano le persone di queste piccole gioie, si alimenta un ciclo di isolamento che ha conseguenze devastanti.

Conclusione disturbante ma necessaria

Quindi, cosa possiamo imparare da questa situazione? Che le buone intenzioni, senza una visione umana, possono trasformarsi in strumenti di esclusione. È fondamentale ripensare le politiche pubbliche e metterle al servizio delle persone, non delle procedure. Luciano e gli altri anziani bolognesi meritano di essere ascoltati e rispettati, non relegati a mere statistiche.

La solitudine non è una questione da sottovalutare e non può essere risolta con un semplice regolamento. Riconosciamo l’importanza della socializzazione e il valore delle piccole cose. Invitiamo tutti a riflettere su come le decisioni che prendiamo, anche a livello comunale, possano avere ripercussioni enormi sulle vite di chi ci circonda.