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Il Consiglio dei ministri ha approvato una nuova legge che istituzionalizza lo scudo penale per i medici, una misura già adottata in forma emergenziale durante la pandemia. Con questa decisione, il governo intende stabilire un quadro giuridico stabile che protegga i professionisti sanitari da responsabilità legali eccessive. Tuttavia, le reazioni sono contrastanti.
Dettagli sul disegno di legge
Il disegno di legge, ora legge a tutti gli effetti, stabilisce che i medici saranno punibili solo in caso di “colpa grave”, a condizione di aver seguito le linee guida e le buone pratiche cliniche. Secondo il testo, il giudice dovrà considerare vari fattori, tra cui la scarsità di risorse e la complessità delle patologie trattate. Il provvedimento riconosce, pertanto, le difficoltà operative dei medici, ma non propone soluzioni per migliorare le loro condizioni di lavoro.
Il governo ha dichiarato che l’obiettivo della misura è duplice: da un lato, ridurre la cosiddetta medicina difensiva, che costa al Servizio sanitario oltre dieci miliardi di euro all’anno, e dall’altro, rendere più attraente la carriera pubblica per i medici. Inoltre, il disegno di legge include altre misure, come l’istituzione di una Scuola di specializzazione per medici di famiglia e incentivi per gli specializzandi.
Reazioni e critiche dalla categoria
L’approvazione della legge ha diviso l’opinione pubblica e i professionisti del settore. Mentre molti sindacati medici hanno accolto positivamente la riforma, criticando le condizioni attuali di lavoro, ci sono anche voci critiche. La vaghezza del termine “colpa grave” è uno degli aspetti più contestati, poiché potrebbe lasciare spazio a interpretazioni soggettive da parte dei giudici.
Il presidente della Federazione Cimo-Fesmed, Guido Quici, ha espresso preoccupazione che, senza una definizione chiara di colpa grave, i medici potrebbero comunque affrontare procedimenti legali. Questa incertezza alimenta il timore che, alle difficoltà pratiche, si aggiunga una nuova complessità legale, aggravando la già delicata situazione dei professionisti nel pubblico.
Il contesto sanitario in crisi
Il sistema sanitario italiano è attualmente in una situazione di crisi profonda. Negli ultimi dieci anni, oltre 100 ospedali e pronto soccorso sono stati chiusi, e la carenza di personale è drammatica, con quasi 30.000 operatori mancanti, tra cui oltre 4.300 medici. Questo scenario ha portato a un incremento delle denunce per malasanità, evidenziando come il problema non risieda solo nella responsabilità legale, ma anche nelle condizioni operative dei medici.
Un sondaggio del 2024 ha rivelato che il 72% dei medici del pubblico desidera lasciare il Servizio sanitario nazionale, esausti da turni massacranti e carichi di lavoro insostenibili. Inoltre, la mancanza di medici di base potrebbe portare fino a 15 milioni di italiani a rimanere senza assistenza entro il 2026. Il rischio è che lo scudo penale diventi una copertura giuridica che non affronta le radici del problema, spostando l’attenzione dalle vere necessità strutturali.
In sintesi, mentre la nuova legge offre una protezione ai medici dopo un errore, non fornisce le risorse necessarie per prevenirlo. Le conseguenze di questa normativa potrebbero lasciare i cittadini sempre più vulnerabili agli errori sanitari, senza un reale miglioramento delle condizioni di lavoro nel settore pubblico.