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Strage di Paderno Dugnano: come mai il 17enne che sterminò la sua famiglia è stato condannato a 20 anni?

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Con 108 coltellate uccise la madre, il padre e il fratellino: ecco perché gli è stato dato il massimo della pena.

Aveva 17 anni quando, Riccardo Chiarioni, sterminò la sua famiglia. Con 108 coltellate infatti uccise la madre, il padre e il fratellino di soli 12 anni a Paderno Dugnano. Il ragazzo è stato condannato a 20 anni di carcere. Ecco perché.

Strage di Paderno Dugnano: il 17enne condannato a 20 anni

Nella notte tra il 31 agosto e il 1 settembre del 2024, Riccardo Chiarioni, all’epoca 17enne, uccise la sua famiglia, madre, padre e fratellino di 12 anni, con 108 coltellate a Paderno Dugnano, nel Milanese.

Il Tribunale per i Minorenni di Milano ha condannato il giovane a 20 anni di reclusione, ovvero il massimo della pena previsto con il rito abbreviato. Il Tribunale infatti non ha riconosciuto il vizio parziale di mente del giovane accertato da una perizia psichiatrica. Ma ecco perché è stato deciso di condannarlo a 20 anni.

Strage di Paderno Dugnano: perché il 17enne è stato condannato a 20 anni?

Il Tribunale per i Minorenni di Milano ha condannato a 20 anni di reclusione, ovvero il massimo della pena previsto con il rito abbreviato, per Riccardo Chiarioni, il 17enne che sterminò la sua famiglia a Paderno Dugnano nel 2024. La sentenza prende dunque le distanze dalla perizia dello psichiatra Franco Martelli, il quale aveva accertato un vizio parziale di mente, secondo cui il ragazzo viveva sospeso tra realtà e fantasia, con desiderio di rifugiarsi in un mondo immaginario, ovvero quello “dell’immortalità” e che, per riuscire a raggiungerlo, avrebbe dovuto liberarsi di tutti gli affetti. Secondo il Tribunale invece Riccardo Chiarioni sapeva distinguere la realtà dall’immaginazione anzi, la giudice ha descritto il ragazzo come un manipolatore che ha progettato i delitti nei minimi dettagli. Inoltre si ricorda anche il comportamento del giovane dopo il delitto, nel tentativo di “eludere le investigazioni per garantirsi l’impunità“. Il ragazzo inoltre sul cellulare aveva ad esempio la foto del Mein Kampf, oltre a “esternazioni di pensiero comprovanti la sua inclinazione verso l’ideologia fascista, nazista e omofoba.” L’avvocato di Riccardo, Amedeo Rizzo, ha annunciato il ricorso in appello, in quanto non considerata la patologia di cui soffre il ragazzo.