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Treccani aggiorna il vocabolario: guida ai termini offensivi da evitare

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Vocabolario che cambia: Treccani tra tradizione linguistica e nuovi valori sociali. Ecco cosa sapere.

Negli ultimi anni, il linguaggio evolve più rapidamente che mai, e con esso emergono nuove parole e espressioni che riflettono cambiamenti culturali, sociali e tecnologici. Ma non tutte le novità lessicali sono neutre: alcune possono risultare offensive, discriminatorie o inadeguate in determinati contesti. Per aiutare chi scrive, parla o insegna a orientarsi in questo panorama in continua trasformazione, Treccani ha aggiornato il proprio vocabolario, segnalando i termini emergenti da evitare.

Questa guida rappresenta non solo un aggiornamento linguistico, ma anche un invito alla consapevolezza e al rispetto nell’uso delle parole.

Parole che pesano: il linguaggio e la consapevolezza

In un’epoca in cui il rispetto reciproco e la sensibilità sociale stanno diventando criteri imprescindibili, il linguaggio non può più essere trascurato. Quello che diciamo riflette atteggiamenti, valori e consapevolezza, e alcune parole, anche se pronunciate senza cattive intenzioni, possono risultare dolorose o discriminanti. Non si tratta di limitare la libertà di espressione, ma di riconoscere l’impatto reale delle parole sugli altri: scegliere termini più accurati e rispettosi significa costruire comunicazioni più inclusive e responsabili, capaci di valorizzare la diversità senza ferire.

Treccani aggiorna il vocabolario: i nuovi termini offensivi da evitare

Il nuovo Vocabolario Treccani – Dizionario dell’italiano Treccani 100, curato dai linguisti Valeria Della Valle e Giuseppe Patota, rappresenta un esempio concreto di come aggiornare il lessico con serietà. Include anche termini volgari, offensivi o discriminatori, ma sempre accompagnati da avvertenze chiare come «da evitare» o «oggi sconsigliabile». L’obiettivo non è oscurare la realtà della lingua, ma offrire strumenti per comprenderla e, se necessario, cambiarla, soprattutto per le nuove generazioni.

I ragazzi della generazione Alpha, cresciuti tra social e linguaggi diretti, spesso utilizzano parole pesanti senza riflettere sul loro impatto: termini come «idiota», «ebete», «mongoloide» o «subnormale» derivano da epoche in cui la diversità era stigmatizzata. Oggi, il vocabolario insegna che definizioni come «anormale» o «handicappato» sono offensive e da evitare, perché non esiste una «normalità» standard e ogni persona è unica.

Anche parole apparentemente neutre come «extracomunitario» possono assumere connotazioni discriminanti, mentre termini come «mongoloide» o «subnormale» portano con sé un lungo passato di insulto e umiliazione. Perfino epiteti più leggeri, come «babbeo» o «citrullo», non sono privi di carico offensivo se considerati nel contesto storico e sociale.