UE, nulla di fatto sulla sicurezza nucleare

Situazione di stallo, al Parlamento Europeo, sulla sicurezza degli impianti nucleari: tutte le risoluzioni proposte dai gruppi politici sono state rigettate, inclusa quella finale che ha ottenuto solo 264 voti favorevoli contro 300 contrari. La due giorni di dibattito – ieri c'era stata una disc...

Situazione di stallo, al Parlamento Europeo, sulla sicurezza degli impianti nucleari: tutte le risoluzioni proposte dai gruppi politici sono state rigettate, inclusa quella finale che ha ottenuto solo 264 voti favorevoli contro 300 contrari.


La due giorni di dibattito – ieri c’era stata una discussione tra il Parlamento, la Commissione UE e il Consiglio della sicurezza nucleare in Europa – su come fare tesoro della lezione di Fukushima ha messo in evidenza le distanze tra le diverse parti.

I paesi dell’est premono per un mantenimento dell’energia nucleare: posizione assolutamente comprensibile, visto che Ungheria, Bulgaria, Romania, Lituania, Repubblica Ceca hanno diversi centrali nucleari, eredità del periodo sovietico. In totale, operativi sono 16 (2 in Bulgaria, Romania e Repubblica Ceca, mentre Bulgaria, e Ungheria ne hanno 4 ciascuno). A questi dovremmo aggiungere i quattro della Finlandia – che ne ha anche 1 in costruzione – , per un totale di ben 18 centrali nucleari nell’est del continente.

Ci sono poi quelli pianificati: 2 in Bulgaria e Lituania, 1 in Romania. Insomma, i membri ex-sovietici dell’Unione Europea e la Finlandia fanno molto affidamento sull’energia nucleare. Anche perché non hanno alternative: il carbone, di cui molti di loro sono ricchi, è fuori gioco come fonte di energia; il gas russo ha più volte dato prova, in questi ultimi anni, di essere completamente inaffidabile, soggetto come è ai capricci e ai bisttici tra Mosca e Kiev.

Gli scandinavi, e in particolare gli svedesi, premono con durezza forse eccessiva perché si abbandoni l’atomo e si passi alle energie alternative. Posizione radicale, forse anche troppo, considerato che la Svezia, paese leader di questa fazione, non è esattamente una verginella nel campo dell’energia nucleare: Stoccolma può contare su ben 10 impianti, sette dei quali della stessa tecnologia (BWR) di Fukushima. Tre, poi, Oskarshamn-1 e 2 e Ringhals-1, sono dei primi anni Settanta.

Proprio come Fukushima Daiichi. Se i parlamentari UE della Svezia premono perché gli stress test siano il più duri e rigidi possibili, e si arrivi a decretare la chiusura di quegli impianti che non dovessero passare l’esame, forse dovrebbero prima guardare cosa succede in casa loro.

Bene ha fatto il Commissario per l’energia Günther Oettinger a richiamarsi alla concretezza e al pragmatismo: ha parlato di “una lista di criteri redatti dalla Commissione, che saranno inviati al Parlamento e resi pubblici” per la fine di maggio, aggiungendo, però, che l’UE però non è competente per la politica energetica: “i test saranno decisi e effettuati dai singoli Stati”, ha precisato.

Come ha detto Giles Chichester, dei Conservatori e Riformisti europei, non bisogna dimenticare che “c’è un abisso tra i reattori costruiti 15 anni fa in Giappone e i nuovi impianti europei. E un abisso c’è anche tra il rischio sismico dei due continenti”. Ha esortato quindi gli altri deputati “ad analizzare bene la situazione e agire senza fretta”. Una moratoria sul nucleare “non si baserebbe su nessuna evidenza”.