Unità d'Italia sì o no? Papa: cattolicesimo alla base dell'Unità

"L'identità nazionale degli italiani, così fortemente radicata nelle tradizioni cattoliche, costituì in verità la base più solida della conquistata unità politica'': lo scrive Benedetto XVI nel messaggio per i 150 anni dell'Unita' d'Italia consegnato dal cardinale segretario di Stato, Tarcis...

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“L’identità nazionale degli italiani, così fortemente radicata nelle tradizioni cattoliche, costituì in verità la base più solida della conquistata unità politica”: lo scrive Benedetto XVI nel messaggio per i 150 anni dell’Unita’ d’Italia consegnato dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Sull’Unità d’Italia ognuno esprime la propria opinione. C’è chi la rinnega, come i leghisti. Chi la attribuisce alla volontà di un manipolo di piemontesi imperialisti, vogliosi di annettere nuovi e fertili territori all’interno dei propri confini. Chi la considera incompiuta e allo stesso tempo inutile e chi, come il Papa, la fonde in modo indissolubile con la religione cattolica, in un attacco di revisionismo storico. In sua difesa accorrono il Capo di Stato, Giorgio Napolitano e il comico Benigni, più che altro.

Anche l’Opposizione si schiera, senza troppi scudi, tra i paladini della nostra Unità.
D’altra parte è vero che essa è tragicamente incompiuta. Falcidiata da un partito di governo secessionista, che incarna il sentimento di una grossa fetta del nord del paese, la Lega. Minata nelle sue basi ideologiche dalla Chiesa, che dimostra ancora una volta la nostalgia del suo potere temporale e di influenza e ingerenza nelle questioni italiane. E soprattutto messa in dubbio dalla vertiginosa cesura economica, sociale e culturale tra sud e nord, storicamente tascurata e mal gestita.

Ed è l’irrisolta questione meridionale, in effetti, che meglio di ogni altro argomento dà adito ai sentimenti antiunitari e si intreccia con la politica e con le istituzioni allargando a dismisura il divario esistente.
Eppure quando Giuseppe Garibaldi, nato a Nizza e di origine ligure, nel 1860 sbarcò a Marsala con un migliaio di volontari al seguito per liberare il sud ed unirlo al nascente Regno d’Italia, il capo del governo sabaudo Cavour non era affatto d’accordo.

Al tempo giovani ventenni morivano per valori alti come democrazia, indipendenza e socialismo (in senso letterale e svincolato dall’attuale politica). E cercavano di liberare i territori italiani che erano spartiti tra le potenze europee. Vi furono le guerre d’indipendenza e il popolo italiano subì perdite inimmaginabili lottando contro gli occupanti. L’Unità d’Italia si può dunque codificare come una strenue lotta del popolo per la libertà, per la autodeterminazione e l’emancipazione dai governi europei che sfruttavano e mortificavano l’Italia.

Oggi, abusando coscientemente di retorica, pare annichilente parlare di questi virtuosi ideali in funzione del pragmatismo più becero che specula sulle contrapposizioni culturali e geografiche per fini individuali di consenso. Il male del sud è lo stesso morbo che attanaglia l’Italia tutta. La Mafia opera e investe ingenti capitali al nord. La corruzione, come al sud, dilaga nelle amministrazioni settentrionali, solo per citare due evidenti piaghe nazionali.
L’Unità del Paese c’è, è viva seppur giovane e va onorata e soprattutto dovrà essere completata e perfezionata.

Questa sarebbe una dignitosa base di partenza per costruire un futuro roseo e permettere alle generazioni future di riconoscersi nel concetto unico di nazione, senza macchie.