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Attivisti marxisti in Russia ricevono pene severe per complotto contro il governo

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Un tribunale di Ekaterinburg ha emesso sentenze pesanti per cinque attivisti di sinistra, accusati di complotto contro lo stato.

Un recente caso giudiziario ha attirato l’attenzione internazionale, con un tribunale militare di Ekaterinburg che ha condannato cinque uomini, autodefinitisi marxisti, a pene detentive che vanno da 16 a 22 anni. Questi uomini, provenienti dalla repubblica di Bashkortostan, sono stati accusati di terrorismo e tentato colpo di stato in un contesto di crescente repressione politica in Russia.

Le loro difficoltà sono iniziate nel marzo, poco dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Le autorità hanno sostenuto che il gruppo stesse pianificando di rovesciare il governo attuale e di istituire un nuovo governo sovietico, una tesi che i condannati hanno respinto con vigore, affermando che i loro incontri erano focalizzati su discussioni teoriche senza alcuna intenzione di attuare violenza concreta.

Il processo e le condanne

Il processo, che ha preso avvio a dicembre, ha visto una serie di testimonianze e prove presentate dalla pubblica accusa. La corte ha trovato gli accusati colpevoli di aver formato un gruppo terroristico e di aver tramato un colpo di stato. I giudici hanno inflitto pene severe, in linea con le richieste dell’accusa, che si aggiravano tra i 20 e i 24 anni di carcere.

Le reazioni in aula

Alla lettura del verdetto, i condannati hanno manifestato il loro dissenso, intonando la parola “fascisti” in segno di protesta. Hanno descritto il loro caso come una silenziosa esecuzione e un atto di repressione nei confronti dei comunisti. Tra i condannati figura il dottor Alexei Dmitriev, un medico di 43 anni che ha fondato un club di discussione di sinistra nel 2016. Anche Dmitry Chuvilin, ex membro del consiglio legislativo di Bashkortostan, ha ricevuto una pena di 20 anni.

Il testimone chiave e le accuse di falsa testimonianza

Un elemento significativo del caso è stato il testimone chiave, Sergei Sapozhnikov, un cittadino naturalizzato russo che ha avuto esperienze di combattimento al fianco dei ribelli filo-cremlini in Ucraina. Sapozhnikov ha inizialmente collaborato con il gruppo di attivisti marxisti, ma ha successivamente cambiato schieramento, diventando un testimone accusatore. I condannati hanno accusato Sapozhnikov di aver fornito testimonianze false durante il processo.

La situazione mette in evidenza le tensioni crescenti tra le autorità russe e i gruppi di sinistra, i quali si trovano sempre più sotto attacco. La repressione nei confronti di attivisti politici e le crescenti difficoltà per chi cerca di esprimere dissenso sono diventati elementi ricorrenti nella narrativa politica russa.

Implicazioni più ampie per la società russa

Il caso dei cinque attivisti di sinistra non è solo un episodio isolato, ma rappresenta un trend più ampio di repressione della libertà di espressione e della dissidenza in Russia. La condanna di questi uomini riflette un clima di paura e silenzio, in cui le voci critiche vengono messe a tacere attraverso il sistema giudiziario.

Le autorità russe giustificano queste azioni come necessarie per mantenere l’ordine pubblico e la stabilità, ma i critici sostengono che si tratta di un tentativo di soffocare ogni forma di opposizione. Con il crescente numero di attivisti perseguitati, la comunità internazionale osserva con preoccupazione, chiedendosi quali saranno le conseguenze per la società civile russa e la sua futura libertà politica.