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Aurora Tila e quei dubbi sull’ex fidanzato: cosa chiedeva a ChatGPT prima della tragedia

Aurora Tila fidanzato

Prima della tragedia, Aurora Tila si interrogava sul comportamento del fidanzato. Le sue parole a ChatGPT e le prove raccolte ora al centro dell'inchiesta della Procura dei minori.

“Secondo te dovrei lasciarlo?” Aurora Tila lo aveva chiesto a ChatGPT. Non a un’amica, non alla madre. A un’intelligenza artificiale. Dietro quella domanda, una ragazzina di tredici anni. Spaventata. Confusa. E forse già stanca. O forse no. Ma qualcosa non andava con il fidanzato. Lo sapeva.

Aurora Tila e i segnali ignorati dal fidanzato

Piacenza, 25 ottobre.

Un volo dal settimo piano. Aurora Tila muore così, tredici anni appena. Ma il cuore della vicenda è tutto prima. Dentro chat, messaggi, minacce. Gesti. Parole che fanno più male delle mani. Ma anche quelle ci sono state. Schiaffi. Strattonamenti. Secondo la procura dei minori di Bologna, il fidanzato – un quindicenne – l’ha spinta giù. E quando lei, per un attimo, aveva cercato di salvarsi, aggrappandosi alla ringhiera, lui avrebbe colpito le sue mani. Per farla cadere. Un gesto estremo. Ma non improvviso.

Il pm Simone Purgato ha chiesto e ottenuto che si contesti al ragazzo l’aggravante dello stalking. E non solo perché Aurora Tila era minorenne. Ma perché tra loro c’era una relazione. Un legame. Malato. Tossico. Forse già segnato. Forse.

Aurora Tila e il grido inascoltato contro l’ex fidanzato

Ci sono i messaggi. Ce ne sono tanti. Uno, in particolare, è agghiacciante: “Il mio piano di vendetta inizia ora. Mercoledì 9 ottobre, alle 2.50.” Era tutto scritto. Annunciato. Eppure. Aurora aveva cercato di lasciare il fidanzato. Di allontanarsi. Ma lui no. Continuava a molestarla, a minacciarla, a denigrarla. La voleva. A ogni costo. Voleva che rimanesse con lui. A forza.

E intanto Aurora parlava con ChatGPT. Non è fantascienza, è realtà. Le sue conversazioni sono oggi tra gli atti dell’inchiesta. “Come faccio a capire se è amore vero o tossico?”, domandava. E il software le rispondeva: lasciarlo. Una risposta che nessun adulto le aveva dato. O forse sì, ma non l’aveva ascoltata. O non bastava.

L’avvocata Anna Ferraris, legale della madre, lo dice chiaro: “Oggi i ragazzi parlano con l’intelligenza artificiale. È normale. È iniziato tutto con il Covid. Ma ora va regolato”. Perché a volte, da una risposta, dipende tutto. Anche la vita.