Ilva, altoforno verso lo spegnimento: "Norme di sicurezza non rispettate"

L'altoforno era stato posto sotto sequestro dopo che, nel 2015, un operaio ha perso la vita sul lavoro.

La magistratura di Taranto interviene nel braccio di ferro tra Palazzo Chigi e ArcelorMittal sul futuro dell’ex Ilva, disponendo lo spegnimento dell’altoforno 2 dell’acciaieria.

L’impianto era già stato sottoposto a sequestro preventivo dopo che, nel 2015, un operaio ha perso la vita in un incidente, investito da una colata incandescente.Il gup di Taranto ha respinto l’istanza di dissequestro di uno dei tre altoforni in funzione all’acciaieria, insieme al numero 1 e al numero 4. Grande la preoccupazione delle organizzazioni sindacali, già in allarme per le questioni sollevate dall’abolizione dell’immunità penale, voluta dal ministro Luigi Di Maio, e dalla Cig per oltre mille lavoratori.

Ilva, lo spegnimento dell’altoforno

Si chiamava Alessandro Morricella l’operaio che nel 2015 fu vittima di un incidente sul lavoro all’altoforno 2 dell’ex Ilva. Ma, da allora, l’acciaieria non ha rispettato le prescrizioni sulla sicurezza che avrebbero permesso il dissequestro e il riavvio dell’impianto. “Alcune delle prescrizioni a suo tempo imposte risultano inattuate o attuate solo in parte”, ha spiegato la pm Antonella De Luca, riporta Repubblica.

Scontro tra governo e sindacati

Continua, nel frattempo, la discussione sulla cassa integrazione per i dipendenti Ilva scattata a luglio, per la durata di 13 settimane. Duro lo scontro con i rappresentanti dei dipendenti, ma il vicepremier Di Maio ribadisce che “non esiste alcuna possibilità che [l’immunità penale, ndr] torni”, riferisce Il Messaggero. “Se l’azienda dimostra buona fede continuando nell’attuazione del piano ambientale” non avrà nulla da temere sul versante legale, ha aggiunto, precisando che le trattative proseguono perché “c’è ancora tanto da fare per i lavoratori e per Taranto”.

Meno ottimisti appaiono i sindacati. Il segretario generale della Fim Cisl, Marco Bentivogli, ha definito “deludente” l’incontro al Ministero dello Sviluppo economico. “Il governo non ha ancora risolto la partita dello scudo penale, mentre l’azienda non ha dimostrato nessuna velocità di ritirare la cassa integrazione. Non ha neanche sciolto il nodo se i lavoratori alla fine delle 13 settimane di Cig rientreranno tutti in azienda”. Preoccupazione è stata espressa anche da Rocco Palombella, numero uno della Uilm.

“La cosa più grave è che il rientro al lavoro degli operai dopo le 13 settimane dipenderà dall’andamento del mercato”, ha commentato.