Nel libro “Elogio della cravatta“di Mariarosa Schiaffino pubblicato nel 1982.
L’autrice celebra l’accessorio. La presentazione è cura di Giovanni Nuvoletti: “È facile riconoscere comunque, nel serico emblema della vanità maschile, la quintessenza della futilità delle mode, e insieme la perennità della Moda, fragile quanto imperitura Signora”.
Il libro “Elogio della cravatta”
Gentiluomo, scrittore, attore e uomo di vasta cultura oltre ad essere stato anche presidente dell’Accademia Italiana di Cucina Giovanni Nuvoletti presenta e racconta l’accessorio nel piccolo volumetto.
Non si riesce a definire con precisione quando sia stata indossata per la prima volta. Alcuni ne danno origine già all’epoca dell’Impero Romano, quando i legionari si avvolgevano intorno al collo una sciarpa molto simile a una cravatta. Altri invece ne danno merito ai mercenari croati in Francia durante la Guerra dei Trent’anni. Una cosa è certa, la storia di questo accessorio è molto lunga. Passando dal 1924, quando la cravatta assunse la vera e propria forma che conosciamo oggi grazie al sarto newyorkese Jesse Langsdorf, che tagliò il tessuto con un angolo di 45° , usando tre strisce di seta da cucire successivamente.
Arrivando al ’68 quando fu rifiutata perché eredità borghese. Resa non obbligatoria anche in contesti formali e fatta fuori dalla moda. La cravatta non vive oggi un buon momento. Scriveva il conte Nuvoletti: “Evviva a questo cappio ribelle, effimero nodo, velleitario capestro, nappa vanagloriosa, giulebbosa fibula, femmineo lezio, albagioso arcifànfano, reliqua aristocratica, relitto borghese, rottame ottocentesco, muliebre residuato di un maschio vestire. La cravatta è morta, viva la cravatta!”.