Crisi di Alitalia: l'importanza di una visione imprenditoriale

Le ragioni della crisi di Alitalia sono molteplici, dall'apertura del mercato all'alta velocità. Ma le colpe maggiori sono da attribuire allo Stato.

La crisi di Alitalia, si sa, ha radici lontane.

Correva l’anno 1997, quando il mercato europeo del trasporto aereo veniva liberalizzato. Risalgono proprio da qui i primi problemi per la compagnia di bandiera italiana. Infatti, Alitalia si ritrova per la prima volta ad avere a che fare con la concorrenza. Il risultato: se nel 1994, prima della liberalizzazione, deteneva stabilmente una quota di mercato in Italia pari all’80%, attualmente la stessa si attesta sul 14%. Insomma, da leader indiscusso del mercato italiano, a seconda compagnia della penisola, alle spalle di Ryanair.

Alitalia, le cause della crisi

In primo luogo, l’apertura del mercato ha avuto, indubbiamente, il merito di aumentare il numero di voli in Italia, infatti si è assistito a una crescita vertiginosa dei passeggeri, passati dai circa 53 milioni del 1997 ai 184 milioni del 2018. Il mercato solo in Italia, è più che triplicato in questi ultimi anni. La maggiore concorrenza ha causato una discesa generalizzata dei prezzi dei biglietti, che a sua volta ha esteso la possibilità di viaggiare a più persone.

A beneficiare della liberalizzazione, oltre ai cittadini, sono state le compagnie low-cost, Ryanair e Easyjet su tutti. A scapito di chi? Sicuramente di Alitalia, che forte del suo monopolio nella penisola, non ha mai avuto stimoli all’innovazione e all’efficientamento.

Secondariamente, sempre in tema di concorrenza, anche lo sviluppo dell’alta velocità nella penisola ha sottratto quote di mercato ad Alitalia. In particolar modo nella più importante linea italiana, Milano-Roma, che con Frecciarossa è possibile percorrere in sole 3 ore.

Senza contare che in treno si può telefonare e lavorare, partendo e arrivando spesso da stazioni situate in centro e non in aeroporti periferici. Un dato su tutti, la tratta Milano-Roma prima dell’Alta velocità veniva percorsa solo nel 32% dei casi con il treno, ora invece quasi il 70% delle volte.

La mancanza di visione imprenditoriale

Tutto qui? Sono solo queste le cause che continuano ad azzoppare i conti della compagnia di bandiera italiana? A dire il vero no, la principale ragione della crisi di Alitalia, è un’altra: la mancanza di visione imprenditoriale da parte di chi sino ad ora l’ha gestita : lo Stato.

L’interesse dello Stato è da sempre, per quanto concerne la compagnia di bandiera italiana, la tutela occupazionale. Per una serie di motivi, uno su tutti, la volontà da parte dei governanti di non perdere consensi. Va da sé, quindi, che ad Alitalia sia mancata in questi anni una strategia industriale, con piano, risorse e manager ben definiti.

A prescindere dalla proprietà di un’azienda, che può essere pubblica o privata, ciò che realmente conta è la gestione, una gestione imprenditoriale, che per sua natura è orientata a lungo termine, a differenza della politica italiana.

Pertanto, è il modello di business di Alitalia che va ripensato, con un focus sulle tratte a maggiore redditività ovvero quelle a medio e lungo raggio. Competere con Ryanair e le altre low-cost, non è né redditizio, né efficace e a dimostrarlo sono i bilanci della compagnia.

La politica si faccia da parte

Anche quest’anno, infatti, Alitalia si appresterà a chiudere il bilancio in forte rosso, quasi 600 milioni (su circa 3 miliardi di ricavi) portando a 9 miliardi e 200 milioni l’onere a carico collettività in questi ultimi 45 anni.

Rapportato alla popolazione il costo è di circa 150 a persona. Una somma importante, che fa riflettere. La politica, sul caso Alitalia, ha ripetutamente commesso errori. Ora a distanza di anni è giunto il momento che si faccia da parte. Altrimenti, a pagare, saranno sempre i contribuenti.