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Fase 3: ricerca, smart working prima di lockdown solo per 33% lavoratori privati

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Roma, 24 giu. (Labitalia) - Solo il 21,58% dei lavoratori appartenenti al pubblico e il 33,15% di quelli del privato lavorava in modalità agile già da prima del lockdown. Quindi si constata che, seppur non in modo significativo, prima dell’emergenza sanitaria il lavoro agile era ...

Roma, 24 giu. (Labitalia) – Solo il 21,58% dei lavoratori appartenenti al pubblico e il 33,15% di quelli del privato lavorava in modalità agile già da prima del lockdown. Quindi si constata che, seppur non in modo significativo, prima dell’emergenza sanitaria il lavoro agile era maggiormente presente nella dimensione del privato. E' quanto emerge dall'indagine nazionale sullo ‘Smart working 2020: capire il presente per progettare il futuro’, promossa dall’associazione datoriale Cifa, dal sindacato Confsal e dal fondo interprofessionale Fonarcom e realizzata dal Centro studi InContra, nell’ambito dell’iniziativa ‘#IlLavoroContinua’, e presentata oggi sulla piattaforma www.illavorocontinua.it.

Tuttavia, è importante riportare le motivazioni per cui i rispondenti hanno dichiarato di non fare ricorso allo smart working. Nel 35% dei casi, infatti, tale scelta è frutto della volontà del lavoratore stesso; nel 30% dei casi, la causa è ascrivibile a una mancanza di strumentazione idonea; nel 22% dei casi si tratta di una decisione aziendale.

E inoltre, secondo la ricerca, tra coloro che non lavorano o non hanno mai sperimentato pratiche di lavoro agile, la tendenza a preferire la prestazione lavorativa in sede resta maggiore in termini percentuali, rispetto a una eventuale sperimentazione di iniziative di smart working,