Il caso di Garlasco continua a far parlare l’Italia con nuove analisi scientifiche. Al centro delle indagini, c’è il “contatto papillare numero 10”, una traccia lasciata sulla scena del crimine mai completamente interpretata. Ora, con i progressi tecnologici, gli esperti potranno riesaminare questo elemento chiave nella speranza di fare luce sul mistero dell’omicidio di Chiara Poggi.
Continuano le indagini sul delitto di Garlasco: le tracce mai analizzate
La nuova indagine ha riesaminato 36 impronte raccolte all’epoca dei fatti, ma soltanto 8 si sono rivelate idonee per il confronto. Tra queste, la numero 33 è stata attribuita con certezza ad Andrea Sempio: era impressa sulla parete che porta alla cantina, a pochi metri dal corpo di Chiara Poggi.
Rimangono ancora sconosciute sei impronte palmari rinvenute sui muri della scala interna, che saranno anch’esse analizzate durante il maxi incidente probatorio in programma dal 17 giugno nei laboratori della Polizia Scientifica di Milano.
Garlasco, cos’è il papillare 10 e perché potrebbe rivelare chi è l’assassino di Chiara Poggi
Il 17 giugno è previsto un incidente probatorio su alcuni reperti finora mai analizzati o che possono essere nuovamente esaminati grazie a tecnologie avanzate. Tra questi, assume particolare importanza il “contatto papillare numero 10”, un’impronta rilevata sulla parte interna dello stipite della porta d’ingresso della residenza dei Poggi. Al momento del ritrovamento non furono eseguiti accertamenti biologici sulla traccia, che si presentava come una “mano sporca”.
Nonostante disponga di sole otto caratteristiche riconoscibili — rispetto alle sedici necessarie per un confronto standard — la nuova consulenza, disposta dai magistrati di Pavia, punta ad analizzare il materiale organico contenuto. Ora la Procura di Pavia, guidata da Fabio Napoleone, è convinta che in quell’impronta — che sarà oggetto del maxi incidente probatorio per l’estrazione e il confronto del DNA — sia presente traccia di sangue.
Qualora fosse confermata la presenza di sangue e il legame con uno degli indagati, potrebbe diventare un elemento cruciale per le indagini. Rilevata all’epoca dai RIS con luce UV, la traccia fu documentata fotograficamente, evidenziata con polvere e poi prelevata.