Il vertice tra Stati Uniti e Ucraina sta assumendo contorni sempre più delicati, con implicazioni che vanno ben oltre le mura della Casa Bianca. Le tensioni tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky hanno messo in luce le profonde divergenze sulla gestione della guerra in Ucraina, rivelando pressioni senza precedenti per accettare concessioni territoriali a favore della Russia.
Tra minacce, accuse e rifiuti di forniture militari chiave, il confronto mette in evidenza la complessità di un conflitto che non riguarda solo Kiev e Mosca, ma coinvolge l’intera comunità internazionale, dalle cancellerie europee ai vertici del G20.
Diplomazia e pressione internazionale: Bruxelles e Kiev contro le mosse di Mosca
In Europa, i resoconti sul faccia a faccia tra Trump e Zelensky hanno provocato forte preoccupazione, evocando scenari di resa negoziata senza il consenso di Kiev. I diplomatici di Bruxelles stanno definendo una linea comune di sostegno all’Ucraina in vista del vertice del 23 ottobre e dell’incontro di Budapest, dove la Russia dovrà ottenere autorizzazioni per il volo da parte di Eurocontrol.
Parallelamente, l’Alta rappresentante UE, Kaja Kallas, ha predisposto misure per colpire la rete di petroliere russe che aggira le sanzioni, proponendo controlli preventivi e penalizzazioni anche per le compagnie assicurative e logistiche coinvolte.
Guerra in Ucraina, il duro avvertimento di Trump a Zelensky: “Cedi il Donbass o sarai distrutto”
L’incontro tra il presidente degli Stati Uniti e Volodymyr Zelensky, avvenuto venerdì scorso alla Casa Bianca, è stato descritto come un confronto acceso, con accuse e toni minacciosi che hanno reso l’atmosfera simile a una “lite furibonda”. Secondo il Financial Times, il presidente americano avrebbe invitato il leader ucraino ad accettare le condizioni imposte da Vladimir Putin, sottolineando che, in caso contrario, la Russia avrebbe “distrutto” l’Ucraina.
Durante il colloquio, Trump avrebbe persino scagliato via le mappe del fronte e reiterato la necessità che Kiev ceda il controllo del Donetsk, in linea con le richieste avanzate dallo zar nel recente contatto telefonico tra i due leader, riportato dal Washington Post. Il presidente americano ha inoltre rifiutato di fornire i missili Tomahawk, affermando a Fox News che non poteva mettere a rischio la sicurezza americana, pur sostenendo di essere stato “molto buono con Zelensky e l’Ucraina”.
Dal canto suo, Zelensky ha mantenuto una posizione ferma, ribadendo che non intende concedere alcuna “ricompensa” al Paese aggressore. In un’intervista a NBC, ha definito Putin un “terrorista” e ha sottolineato l’importanza del dialogo per arrivare a una pace duratura: “Come si possono raggiungere accordi senza che noi ci parliamo? Io sono pronto”, ha dichiarato riferendosi al vertice di Budapest.
Il presidente ucraino ha evidenziato come la Russia continui a intensificare gli attacchi, colpendo centrali elettriche e impianti del gas, mentre Kiev subisce droni d’attacco, bombe guidate e missili. Per Zelensky, le pressioni non devono concentrarsi su di lui, bensì sulla Russia affinché cessi la propria aggressione, perché l’“appeasement non è mai stato la strada per una pace giusta e duratura”, come ha sottolineato anche il premier polacco Donald Tusk su X.