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I matrimoni imperfetti di Emi Fontana al PAC di Milano

Milano, 5 lug. (askanews) – Nella Project Room del PAC di Milano fino al 14 settembre la mostra Matrimoni imperfetti. Storie e immagini dall’Archivio della Galleria Emi Fontana (1992-2009). Il titolo riprende quello utilizzato dalla stessa Emi Fontana in occasione della mostra per il decimo anniversario della galleria, esprimendo il legame intimo e complesso tra artista e gallerista: una relazione quasi familiare, a tratti complicata, ma imprescindibile per il processo creativo.

Un matrimonio imperfetto che diventa anche metafora del suo rapporto con la città di Milano, luogo di vita e lavoro, terreno fertile per la sperimentazione artistica non privo di sfide e ostacoli.

La curatrice Giulia Zompa ha raccontata l’esposizione ad Askanews: “La mostra è un omaggio a una galleria milanese divenuta storica, fondata da Emi Fontana nel 1992 in viale Bligny 42, una galleria che nel giro di pochi anni è diventata un punto di riferimento imprescindibile nel panorama artistico italiano. Ho cercato di restituire la visione di Emi Fontana di quegli anni e l’identità della galleria: gli artisti sono l’identità della galleria e troviamo un display che si muove in una costellazione di artisti con delle cronologie non rigide.

C’è come un ponte tra delle istanze e delle tematiche su cui Eri Fontana si è concentrata tra gli anni Novanta e Duemila che risuonano con gran forza ancora oggi, una programmazione molto attenta alle artiste donne e infatti il primo anno di attività è interamente dedicato ad artiste donne, anche ad artiste che, insomma, sposavano e riversavano nel loro lavoro delle questioni legate al femminismo. Si tratta di un’attenzione che ritroviamo anche nel corso del tempo: con quasi dieci anni di scarto trovano spazio all’interno della galleria Alessandra Sfranzi e Monica Bonvicini; quindi un forte supporto alle artiste donne, e del resto Emi Fontana era una gallerista donna giovane negli anni Novanta in un contesto ancora molto maschile.

Ci sono poi delle tematiche legate all’ecologismo: Olafur Eliasson fa la sua prima mostra italiana da Emi Fontana, siamo nel 1996. Ci sono poi molti temi sociali: il lavoro di Lovett e Codagnone che è poi anche la ragione per cui questa mostra nasce in concomitanza con il main show del Padiglione d’Arte Contemporanea e ancora René Green, Adrian Piper, Sam Duran, Mike Kelly, figure per cui i temi sociali sono stati centrali.

La volontà è stata quella proprio anche di comune accordo con la stessa Emi Fontana di presentare una mostra che fosse una mostra di documentazione storica, senza opere, quindi l’intero racconto della galleria è delegato ai materiali d’archivio. Incontriamo i poster che appunto dagli anni Duemila vengono piegati e spediti per invitare i visitatori, le persone a vedere le mostre. Quattro video a corredo della mostra documentano l’attività, le performance, le azioni che si sono svolte in galleria. Troviamo le mostre ma raccontate dai comunicati stampa dell’epoca, dalle riviste dell’epoca e quindi da critici, curatori, figure che hanno frequentato la galleria: questo anche nella volontà di mostrare una rete di relazioni, una comunità che frequentava lo spazio della Galleria Emi Fontana”.

La mostra della Project Room dialoga con la prima mostra antologica dedicata al duo di artisti John Lovett e Alessandro Codagnone, I Only Want You to Love Me, presente in contemporanea nelle altre sale del PAC di Milano.