Milano, 29 dic. (askanews) – Due momenti della storia dell’arte che si guardano e, ciascuno nel suo modo, danno forma a dei significanti. La Pinacoteca Ambrosiana di Milano ospita la mostra di Nicola Samorì “Classical Collapse”, incursioni dei lavori dell’artista accanto alle opere rinascimentali custodite dal museo.
“Non credo che le opere abbiano alcunché da dirsi – ha spiegato Samorì ad askanews – ma si possono costruire delle vicinanze, in questo caso forzate, senza chiedere per altro autorizzazione a coloro che già popolano questi luoghi, per cercare qualche cosa che chiamerei piuttosto una sorta di continuità trasgressiva.
Come poi lo è sempre stata nella storia delle forme, ogniqualvolta qualcuno cerca di misurarsi con un capitale preesistente. Da una parte c’è una cura e dall’altra c’è una sorta di collera, di movimento che tende a scuotere di dosso dei segni che si sono accumulati nel tempo”.
Esempio di questa vicinanza complessa è quella tra ii grande cartone della Scuola di Atene di Raffaello e il dipinto fantasmatico che Samorì ha realizzato appositamente per questa sala dell’Ambrosiana: partendo da scenari simili, si sviluppano però opere molto diverse, ciascuna figlia del tempo.
“C’è una continuità tra l’arte rinascimentale rappresentata in Ambrosiana e quella che è la proposta molto sapiente di Nicolas Samorì – ha aggiunto il direttore del museo milanese, Alberto Rocca -. C’è una forma che è muta, ma rimane: questo è il grande senso di ciò che si vede in questa mostra. L’Ambrosiana non è nuova a mostre di arte contemporanea, proprio perché crede in questo continuo sviluppo dell’intuizione che l’uomo ha nel contemplare la propria vita e nel produrre bellezza”.
La mostra è un unico progetto, ma si sviluppa su due sedi, alla parte milanese se ne aggiunge una ospitata dal Museo e Real Bosco di Capodimonte a Napoli, entrambe unite dalla riflessione di Samorì sul confronto con la classicità nei suoi diversi momenti. “Il classico – ha concluso l’artista – sembra un’idea creata per collassare in un certo senso, per essere rimessa in discussione recuperata, ritrovata, in una sorta di punto fermo mentale, è un’oasi mentale più che in uno stato delle cose”.
E in quest’oasi si può sentire che, nonostante l’assunzione a canone e la storicizzazione delle opere, nulla è pacificato, e l’arte resta, per fortuna, in gran parte ancora un mistero. Che forse serve più vivere anziché decifrare.