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Migranti e obbligo di soccorso, la Consulta: "Fermare le navi può essere lecito”

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Migranti e soccorso in mare: l’obbligo di intervenire e i limiti del fermo lecito delle navi secondo la sentenza della Corte Costituzionale.

Il tema del soccorso ai migranti in mare e del fermo delle navi delle ONG è da tempo al centro di un acceso dibattito politico e giuridico in Italia. Recentemente, la Corte Costituzionale si è pronunciata su questa delicata questione. La sentenza rappresenta un passaggio significativo, che pone l’accento sull’equilibrio tra il rispetto dell’obbligo umanitario di soccorso e le prerogative dello Stato in materia di sicurezza e controllo delle frontiere.

Questo pronunciamento chiarisce i limiti e le condizioni entro cui è possibile fermare le navi senza violare i diritti fondamentali.

Migranti, la sentenza sulla normativa del fermo amministrativo delle navi

Con la sentenza numero 101, recentemente depositata, la Corte ha valutato le questioni sollevate dal Tribunale ordinario di Brindisi riguardo alla normativa sul fermo amministrativo delle navi, disciplinato dall’articolo 1, comma 2-sexies, del decreto-legge 21 ottobre 2020, numero 130.

In particolare, rispetto alla presunta violazione del principio di determinatezza sancito dall’articolo 25 della Costituzione, i giudici, riconoscendo il carattere punitivo della sanzione relativa al fermo della nave, hanno respinto le questioni presentate come infondate. La Consulta ha evidenziato che la condotta sanzionata è descritta in modo preciso e che la legge definisce chiaramente il confine tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, evitando discrezionalità giudiziarie e garantendo trasparenza normativa.

Migranti: convenzioni internazionali, soccorso e durata del fermo

La Corte ha sottolineato che le disposizioni della legge italiana, che prevedono sanzioni, si inseriscono nel quadro delle convenzioni internazionali e risultano conformi ai principi costituzionali, agli obblighi di soccorso e al divieto di respingimento, riconoscendo il salvataggio della vita umana come obbligo primario.

“La normativa nazionale è legata indissolubilmente alla Convenzione SAR, che, a sua volta, si assume a pieno titolo un complesso di regole improntate all’obiettivo della salvaguardia della vita in mare e ispirate a una vicendevole fiducia tra gli Stati, che solo elementi desumibili da fonti ufficiali, attuali, basati su dati oggettivi e riconosciuti dalla Repubblica italiana, possono scalfire”.

Di conseguenza, risulta fondamentale la designazione di un porto sicuro, che garantisca il rispetto della vita, dei bisogni essenziali, della libertà e dei diritti inderogabili, come il divieto di tortura e di trattamenti inumani o degradanti. Sulla base di tali principi, la Corte ha precisato che non è vincolante un ordine che imponga di violare il primario obbligo di salvare la vita umana, qualora questo sia idoneo a impedirne l’effettiva attuazione, e che l’inosservanza di tale ordine non può essere sanzionata.

La Corte Costituzionale ha respinto i dubbi sulla legittimità dell’obbligo di durata del fermo amministrativo, giudicandolo proporzionato poiché tutela l’obiettivo della Convenzione SAR di salvaguardare la vita in mare e il sistema di cooperazione internazionale. Ha infine rinviato gli atti al tribunale per valutare l’effetto delle recenti modifiche legislative sul regime del fermo, in base al principio dello ius superveniens.