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Montepaschi, il ritorno sotto i riflettori: intrecci e strategie nell’offensiva su Mediobanca

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L’approfondimento di Report getta nuova luce sulle manovre finanziarie e politiche che vedono protagonista MPS, tra piani espansionistici e interferenze istituzionali.

Come scritto su Investireoggi.it, la puntata di Report del 1° giugno 2025 ha riportato l’attenzione sul ruolo del Monte dei Paschi di Siena in quella che, a tutti gli effetti, appare come una nuova fase di consolidamento del settore bancario italiano. L’inchiesta curata da Giorgio Mottola ha ricostruito il contesto in cui si inserisce il tentativo, per adesso non andato a buon fine, di acquisizione di Mediobanca, delineando uno scenario dove la spinta non proviene solo dai vertici di MPS, ma sembra arrivare anche dal Governo, deciso a rafforzare la propria influenza su Assicurazioni Generali (uno dei fulcri del risparmio degli italiani).

Secondo quanto emerso, l’amministratore delegato di MPS, Luigi Lovaglio, avrebbe iniziato a elaborare il piano già nel 2022, poco dopo aver guidato la banca attraverso un difficile aumento di capitale. Tuttavia, il vero obiettivo non sarebbe soltanto l’espansione della banca senese, bensì la costruzione di un’alleanza utile a sostenere le posizioni di due soci rilevanti – Caltagirone e Delfin – in tre partite chiave: MPS, Mediobanca e Generali.

Una rete di interessi che punta a Generali

Il filo che unisce queste manovre sarebbe rappresentato dall’intento di rafforzare la presa su Generali, un attore che, come accennato, è centrale nella gestione del risparmio nazionale. In questo senso, l’incremento dei tassi d’interesse, che ha aumentato in modo rilevante i margini di molte banche, ha creato le condizioni ideali per rilanciare il ruolo di MPS come leva per acquisizioni più ambiziose.

Nel 2024, Montepaschi ha riportato ricavi per 4 miliardi di euro, di cui oltre la metà (2,3 miliardi) generati dal margine d’interesse. Una performance che testimonia il netto recupero rispetto agli anni difficilissimi del dissesto finanziario culminato con l’intervento pubblico del 2017, quando il Tesoro mise sul piatto 7,5 miliardi dei contribuenti per salvarla dal fallimento e assunse il controllo diretto dell’istituto.

La controversa asta di novembre 2024

Uno degli snodi più delicati dell’inchiesta riguarda l’asta del novembre scorso, con cui il MEF ha ridotto la propria partecipazione azionaria nella banca, in linea con le richieste dell’Antitrust europeo. Il mandato fu affidato a Banca Akros, parte del gruppo Banco BPM, che secondo la ricostruzione di Report avrebbe favorito l’ingresso di una cordata composta da Caltagirone, Delfin, Anima e Banco BPM stessa.

Questa operazione, in apparenza trasparente, ha sollevato interrogativi poiché le quote sarebbero state assegnate a un numero ristretto di soggetti, in contrasto con le pratiche usuali che prevedono una distribuzione più ampia tra investitori istituzionali. Non è un dettaglio marginale: questi azionisti rappresentano oggi lo stesso blocco che si muove in direzione di Mediobanca.

Un’acquisizione facilitata?

L’ingresso di questi attori nel capitale di MPS si sarebbe realizzato a condizioni favorevoli, almeno rispetto a quanto sarebbe costato acquistare simili partecipazioni sul mercato aperto. A confermare questo aspetto è stato l’ex commissario Consob Luca Enriques, intervistato da Report. Ulteriori elementi critici emergono da un articolo del Financial Times, secondo cui Unicredit avrebbe provato a prendere parte al collocamento, senza però ricevere alcuna risposta da Banca Akros.

La selezione degli investitori e la tempistica suggerirebbero una regia anticipata dell’operazione, che sarebbe stata concertata con il Governo a partire dallo scorso settembre.

Aggiramento dei vincoli della BCE?

Alla base della strategia ci sarebbe l’intento di aggirare un ostacolo normativo: Caltagirone e Delfin, in quanto soggetti industriali privi di licenza bancaria, non possono acquisire il controllo diretto di un istituto vigilato dalla BCE. Affiancandosi a Montepaschi — controllata in parte ancora dallo Stato — i due gruppi potrebbero ottenere indirettamente quanto necessario per puntare al controllo di Mediobanca, eludendo i vincoli imposti dall’Europa.

Una partita aperta tra Roma, Milano, Francoforte e Bruxelles

Il progetto, sebbene ambizioso, si scontra con numerose incognite: dalla resistenza del management di Mediobanca, sostenuto finora dal mercato, ai possibili rilievi delle autorità europee (Bruxelles e Francoforte). In questo contesto, Montepaschi si ritrova ancora una volta al centro di un’operazione più ampia, come già accaduto nel 2008 con l’acquisizione di Antonveneta, poi rivelatasi particolarmente negativa.

Oggi la sfida si gioca su un piano diverso, ma non esente da rischi. Con Roma impegnata a rafforzare la propria posizione nella finanza nazionale e le istituzioni europee pronte a intervenire, il futuro degli equilibri bancari italiani si deciderà anche sulle sorti di MPS.