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Superfici più lente per favorire Sinner e Alcaraz? La polemica di Zverev e Federer

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Superfici standardizzate o eccellenza dei campioni? La polemica tra Zverev e Sinner nel tennis moderno.

Nel tennis moderno, la varietà dei terreni di gioco ha da sempre rappresentato una delle sfide più affascinanti per i campioni: dalla terra battuta lenta e logorante, all’erba fulminea che premia potenza e riflessi, fino al cemento, terreno “neutro” e dominante nel calendario. Ogni superficie richiede abilità diverse, strategia e adattamento fisico, rendendo ogni torneo un laboratorio di tecnica e resistenza.

Negli ultimi tempi, però, si è accesa una polemica sull’omogeneizzazione dei campi, acceso da Alexander Zverev a Shanghai. La replica di Sinner non è tardata ad arrivare.

Sinner e Alcaraz: la dimostrazione della qualità universale

Oggi il dibattito riguarda Sinner e Alcaraz, capaci di eccellere su ogni superficie. Nel 2025 entrambi hanno raggiunto la finale in tornei su terra, cemento ed erba, confermando l’adattabilità dei migliori atleti. Al Roland Garros hanno disputato un match memorabile, mentre sull’erba Alcaraz ha trionfato al Queen’s e Sinner a Wimbledon, prima di affrontarsi nuovamente su cemento agli US Open. Nonostante le condizioni più rapide tendano a favorire lo stile aggressivo di Sinner, spesso è stato lo spagnolo a imporsi, dimostrando che la supremazia nel tennis dipende soprattutto dal talento.

Le critiche alla standardizzazione dei campi non trovano riscontro nei numeri: a Shanghai il CPI del campo centrale era di 32,9, solo leggermente superiore alla terra italiana, mentre altri Masters 1000 come Miami, Cincinnati e Toronto hanno fatto registrare valori superiori a 40. Federer aveva già sottolineato come la regolazione uniforme della velocità dei campi e della pallina favorisca i migliori, ma i risultati di Sinner e Alcaraz suggeriscono che la vittoria non dipenda tanto dalle superfici quanto dalle qualità individuali dei giocatori.

Nel circuito si adatta la velocità dei campi per far vincere Sinner e Alcaraz? La polemica di Zverev e Federer

Il tennis si distingue per la varietà dei terreni di gioco, ciascuno con peculiarità specifiche: la terra battuta favorisce rimbalzi alti e scambi prolungati, l’erba privilegia la velocità, mentre il cemento, considerato “neutro”, copre oltre il 60% del calendario. Questa diversità ha da sempre richiesto ai campioni capacità di adattamento sia tattico sia fisico, contribuendo al fascino dello sport. Negli ultimi anni, però, il tema dell’omogeneizzazione dei campi ha suscitato nuovo dibattito. Ad esempio, Alexander Zverev a Shanghai, dopo la vittoria sul francese Valentin Royer, ha criticato le condizioni uniformi, sostenendo che i direttori dei tornei sembrerebbero favorire sempre gli stessi protagonisti:

“Odio quando la velocità dei campi è la stessa ovunque… So che i direttori dei tornei si stanno muovendo in questa direzione perché vogliono che Sinner e Alcaraz vincano in ogni torneo”.

Roger Federer, in un’intervista al podcast Served di Andy Roddick, aveva espresso un concetto simile, osservando che un tempo ogni giocatore poteva contare sulla superficie più adatta al suo stile, mentre oggi “in tutti i tornei si gioca in maniera simile”. Secondo Sinner, però, le polemiche sono in parte ingiustificate, poiché i giocatori non decidono le caratteristiche dei campi:

“Non siamo io e Carlos a costruire i terreni, cerco solo di adattarmi e giocare il miglior tennis possibile”.

I dati confermano una situazione più sfumata di quanto percepito. Il Court Pace Index (CPI), basato sulle rilevazioni del sistema Hawkeye, mostra che negli ultimi 16 grandi tornei su cemento, 14 hanno registrato valori superiori a 35 e 11 oltre 40, evidenziando superfici mediamente veloci. Sebbene le differenze tra i vari terreni siano oggi meno marcate rispetto agli anni ’80, non si può parlare di un rallentamento lineare del gioco.

Anche nel passato si erano sollevate critiche simili: Jo-Wilfried Tsonga aveva ironizzato, sostenendo che “in futuro conterà avere quattro polmoni e non la varietà dei colpi”, mentre Greg Rusedski aveva notato come i campi “medio-lenti ovunque hanno dato ai Big 3 un enorme vantaggio”.