A 45 anni dall’omicidio di Piersanti Mattarella, ex presidente della Regione Siciliana, la vicenda torna al centro dell’attenzione con un clamoroso sviluppo giudiziario. Un ex funzionario della Squadra Mobile di Palermo, ed ex prefetto, è stato posto agli arresti domiciliari con l’accusa di aver ostacolato le indagini.
Omicidio Piersanti Mattarella: il guanto sparito e le ombre sul depistaggio
A 45 anni dall’omicidio di Piersanti Mattarella, ex presidente della Regione Siciliana, arriva una clamorosa svolta: la Dia ha notificato gli arresti domiciliari a Filippo Piritore, ex funzionario della Squadra Mobile di Palermo ed ex prefetto.
Secondo la Procura di Palermo, Piritore è indagato per depistaggio nelle indagini sul delitto del 6 gennaio 1980, quando Mattarella fu assassinato a colpi di calibro 38 o 357 Magnum davanti alla sua abitazione. I magistrati sostengono che l’ex funzionario abbia ostacolato deliberatamente le indagini, fornendo dichiarazioni false e prive di riscontri.
Al centro della vicenda c’è un guanto ritrovato sul luogo del delitto a bordo della Fiat 127 utilizzata dagli assassini: un reperto considerato «importantissimo» dall’allora ministro dell’Interno Virginio Rognoni, che avrebbe potuto contenere tracce decisive per risalire ai colpevoli. Tuttavia, il guanto non fu mai repertato né sequestrato e successivamente scomparve, complicando di molto il lavoro degli inquirenti.
Omicidio Piersanti Mattarella, clamorosa svolta: gravi accuse per un ex prefetto
Secondo l’accusa, Piritore avrebbe tentato di giustificare la sparizione del guanto sostenendo di averlo affidato a diversi agenti della Polizia Scientifica e al sostituto procuratore Pietro Grasso, ma le testimonianze dei protagonisti dell’epoca smentiscono queste versioni.
L’agente Giuseppe Di Natale, dattiloscopista della Scientifica, ha dichiarato di non aver mai ricevuto il reperto né istruzioni al riguardo, mentre Grasso ha confermato di non essere mai stato messo al corrente dell’esistenza del guanto. Per i magistrati, il comportamento dell’ex funzionario rappresenta un depistaggio orchestrato che ha compromesso gravemente le indagini, facendo sparire una prova chiave e creando una stasi investigativa che è durata decenni.
Oggi, grazie alla riapertura del caso e alle moderne tecnologie forensi, si cerca di ricostruire il percorso del guanto e di analizzare le tracce genetiche e dattiloscopiche rimaste, nella speranza di identificare finalmente i responsabili di uno dei delitti più enigmatici della storia recente della Sicilia e dell’Italia intera.