Oncologo a Napoli vuole curare il proprio cancro a Milano

Per curare il proprio cancro, Antonio Morfella, oncologo di Napoli, ha deciso di rivolgersi all'ospedale Ieo di Milano.

Antonio Morfella, oncologo al Pascale di Napoli, ha ammesso che, per salvarsi dal cancro, ricorrerà alle cure dell’Ieo di Milano.

In quanto oncologo, Morfella si è reso immediatamente conto delle implicazioni delle sue ultime analisi: cancro alla prostata. In un’intervista al Corriere, il medico non ha avuto problemi ad ammettere di essere già in lista per le cure dell’ospedale Ieo di Milano; proprio perché pienamente consapevole della gravità della sua condizione, dice, sa di non poter essere curato a dovere nella struttura in cui lui stesso e i suoi colleghi lavorano.

Morfella, oltre che oncologo, è anche presidente dei Medici per l’Ambiente.

Una protesta alla sanità regionale

Quello di Morfella parrebbe essere anche un atto di protesta. L’oncologo, infatti, vuole che il suo gesto raggiunga l’opinione pubblica e renda tutti più consapevoli di quanto la sanità regionale funzioni malamente.

La colpa, ha specificato l’oncologo, non è dei medici e della loro preparazione: il vero problema sono il contesto e gli strumenti a disposizione.

I suoi colleghi, dice, sono assolutamente preparati e sarebbero perfettamente in grado di curare il suo cancro come si deve; il problema è che non vengono messi nelle condizioni di farlo.

Le peculiarità dell’intervento

L’intervento a cui Morfella deve sottoporsi presenta determinate peculiarità. Si tratta infatti di un intervento di robotica, per il quale devono essere seguite specifiche linee guida internazionali. Queste ultime, definite dal Memorial Sloan Kettering Center (Usa), prevedono che questo particolare tipo di intervento possa essere eseguito unicamente da strutture ospedaliere che lo ripetono almeno 250 volte l’anno.

Come forse si sarà intuito, tali linee guida sono soddisfatte dall’ospedale nelle cui liste d’attesa è iscritto l’oncologo (l’Ieo di Milano), ma non dal Pascale di Napoli e, stando alle parole di Morfella stesso, neanche da qualsiasi altro ospedale presente nel territorio del Mezzogiorno. Anzi, specifica Morfella, nel sud intero non esistono ospedali che raggiungano soltanto i 100 interventi annuali (contro i 250 richiesti).

I rischi dell’intervento

I rischi, continua Morfella, di sottoporsi a un intervento da parte di chi non è sufficientemente allenato con il robot possono prevedere anche l’impotenza del paziente.

La domanda, a questo punto, è una: perché, nel sud, non si eseguono abbastanza operazioni di questo tipo?

Secondo Morfella (ma si tratta comunque di speculazioni, a giudicare dalle parole utilizzate), parte delle motivazioni potrebbero essere da ricercare nella carenza di infermieri, che rallenterebbe enormemente il processo non consentendo, dunque, l’adeguato numero di interventi annuali.

Infine, per quanto non abbia specificato i nomi (“per delicatezza”, dice), l’oncologo afferma anche di non essere il solo, tra i suoi colleghi, ad essersi iscritto alle liste d’attesa a Milano.