La morte del giovane Leonardo Di Loreto ha riacceso i riflettori su un fenomeno oscuro e poco conosciuto: i Puppy Player. Questi individui operano in maniera pericolosa, spesso sfruttando piattaforme digitali e comunità online, e il loro comportamento può avere conseguenze gravi e persino mortali. Ma chi sono esattamente i Puppy Player, cosa fanno e perché rappresentano un vero pericolo?
La morte di Leonardo Di Loreto e l’indagine in corso
, 27 anni, è stato ritrovato senza vita nella sua camera a Roseto degli Abruzzi domenica 25 agosto, indossando una maschera da cagnolino tipica dei puppy player, persone che simulano comportamenti canini in contesti di role play. La maschera, collegata a una bomboletta di gas refrigerante tramite un filtro, potrebbe aver contribuito al decesso: l’autopsia, disposta dalla pm di Teramo Monia Di Marco, dovrà chiarire se l’inalazione del gas sia stata determinante.
Le indagini, aperte per istigazione al suicidio, riguardano anche dispositivi elettronici come pc, cellulari e tablet, e si ipotizza un legame con una challenge diffusa sui social network.
Leonardo era attivo nella comunità LGBTQIA+ come segretario dell’associazione Rumore, e come puppy player aveva portato un punto di vista originale all’interno del gruppo. Diventato un punto di riferimento nella comunità italiana dei puppy, stava progettando di trasferirsi a Berlino e stava studiando la lingua tedesca. Recentemente aveva partecipato a eventi internazionali e a giugno aveva ricevuto il “battesimo” della comunità, un rito che desiderava introdurre anche in Italia, come confermato da amici e conoscenti.
Puppy Player: cosa sono, cosa fanno e perché sono pericolosi
I puppy player rappresentano una sottocultura del BDSM in cui i partecipanti assumono comportamenti simili a quelli di un cucciolo, spesso come parte di giochi di ruolo consensuali. Leonardo, conosciuto nei gruppi con il nome di “Faiar”, viene ricordato dagli amici con affetto per la sua partecipazione gioiosa e il suo spirito innovativo.
“Mi mancherà vederti scodinzolare, sentirti abbaiare”.
Secondo Fabrizio Quattrini, psicologo e presidente dell’Istituto Italiano di Sessuologia Scientifica, come riportato da Open, pratiche sessuali non convenzionali, come il BDSM, non sono di per sé patologiche: diventano rischiose solo quando la società non riconosce la diversità o quando la sicurezza e il consenso vengono compromessi.
“Il BDSM è una sessualità non convenzionale, ma non patologica. È l’espressione di desideri che si basano sul consenso, sulla libertà e sul piacere condiviso. I problemi nascono solo quando il desiderio diventa compulsivo o mette a rischio la propria sicurezza e quella dell’altro”.
Tra le pratiche più pericolose figura l’asfissiofilia, che implica la privazione volontaria di ossigeno per ottenere piacere. Quando viene eseguita in solitudine, utilizzando maschere, sacchetti di plastica o tecniche di apnea, il margine di errore è minimo e la perdita di coscienza può risultare fatale. Questo spiega perché il rispetto del principio SSC – sano, sicuro e consensuale – sia fondamentale nel BDSM: sicurezza e consapevolezza restano elementi imprescindibili, anche nelle forme più estreme di espressione sessuale.