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Richiesta di disarmo di Hezbollah: Israele deve collaborare

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Un piano ambizioso chiede a Israele di collaborare per disarmare Hezbollah, ma le tensioni rimangono alte.

Il rappresentante speciale degli Stati Uniti, Tom Barrack, ha lanciato un appello a Israele: è tempo di ritirarsi dal territorio libanese. Questo invito arriva dopo l’approvazione da parte di Beirut di un piano ambizioso per disarmare Hezbollah entro la fine dell’anno. In cambio, Israele dovrebbe mettere fine agli attacchi militari nel paese.

Barrack ha sottolineato quanto sia cruciale la cooperazione israeliana affinché il piano porti benefici a tutte le parti coinvolte.

Dettagli del piano di disarmo

Il piano, sostenuto dagli Stati Uniti, prevede una roadmap in quattro fasi per il disarmo di Hezbollah. La prima fase richiede al governo libanese di emettere un decreto per il disarmo completo del gruppo entro la fine dell’anno, mentre Israele sarebbe tenuto a interrompere tutte le operazioni militari sul territorio libanese. Barrack ha affermato che il governo libanese ha già fatto il primo passo. Ora, però, ci si aspetta una risposta positiva da parte di Israele. Ma ti sei mai chiesto quali saranno le conseguenze di un tale disarmo?

La decisione è stata approvata dal gabinetto libanese il 7 agosto, nonostante il rifiuto di Hezbollah di disarmarsi. Questo ha sollevato preoccupazioni, poiché molti temono che Israele possa intensificare gli attacchi, nonostante le violazioni quasi quotidiane della tregua firmata nel novembre scorso. Barrack ha descritto la decisione del governo libanese come “una scelta che richiede la cooperazione di Israele” e ha aggiunto che gli Stati Uniti stanno discutendo la posizione israeliana riguardo a questo accordo.

Le fasi del piano e le reazioni

Il piano è articolato in diverse fasi. Dopo l’impegno iniziale, il Libano dovrà implementare il piano entro 60 giorni. Durante questa fase, il governo approverà il dispiegamento delle truppe nel sud, mentre Israele inizierà a ritirarsi e a liberare prigionieri libanesi. Ma come reagirà Hezbollah a tutto ciò? La terza fase prevede il ritiro di Israele dalle ultime due posizioni di confine contestate e la ricerca di fondi per la ricostruzione del Libano. Infine, la quarta fase comporterà la smilitarizzazione delle ultime armi pesanti di Hezbollah e una conferenza per il supporto economico del Libano.

Le tensioni rimangono elevate, con il leader di Hezbollah, Naim Qassem, che ha avvertito della possibilità di una guerra civile se lo stato dovesse tentare di affrontare il gruppo. Anche il presidente libanese, Joseph Aoun, ha chiesto l’impegno di “altre parti” nei contenuti della roadmap. Barrack, tuttavia, si è mostrato ottimista, dichiarando che “un ritorno alla prosperità e alla pace è a portata di mano”. Ma davvero possiamo credere che la pace sia a un passo?

Il contesto geopolitico e le sfide future

Hezbollah è uscito fortemente indebolito dal conflitto di 14 mesi con Israele, che ha portato all’assassinio del leader Hassan Nasrallah. Nonostante ciò, il gruppo sostiene di avere bisogno del suo arsenale per difendere il Libano. Critici, però, affermano che Hezbollah usa le sue armi per ottenere vantaggi politici. La strada da percorrere è complessa: Hezbollah ha chiarito che non discuterà del suo arsenale fino a quando Israele non terminerà gli attacchi e non si ritirerà dal sud del Libano. E questo solleva una domanda cruciale: chi avrà la meglio in questa partita geopolitica?

Recenti attacchi israeliani hanno già colpito il Libano, con esplosioni in diverse località e droni avvistati in varie aree. La situazione è tesa, e Aoun ha espresso l’intenzione di aumentare i finanziamenti per le forze armate libanesi e di cercare aiuti internazionali per la ricostruzione post-bellica. La Banca Mondiale stima che il conflitto abbia causato danni e perdite economiche per 11 miliardi di dollari, mentre il Libano affronta una crisi economica devastante dal 2019. È chiaro che il cammino verso la stabilità è ancora lungo e tortuoso.