Il caso di Riccardo Chiarioni, il giovane che a 17 anni uccise con 108 coltellate i propri familiari a Paderno Dugnano, resta uno dei più inquietanti degli ultimi anni. Dietro l’immagine di un ragazzo normale, gli inquirenti hanno scoperto una mente complessa, divisa tra lucidità e delirio. Oggi Chiarioni ha scelto di non presentare ricorso in appello e di accettare la condanna.
Strage di Paderno Dugnano: un delitto pianificato con lucidità
La notte tra il 31 agosto e il 1° settembre 2024, quando aveva solo diciassette anni, il giovane uccise con 108 coltellate il padre, la madre e il fratello dodicenne nella loro abitazione di Paderno Dugnano, nel Milanese.
Nelle 51 pagine di motivazioni della sentenza, la giudice Paola Ghezzi descrive un delitto “spietato” e “senza un vero movente”, compiuto da un ragazzo “guidato da un pensiero stravagante e bizzarro”, ossia l’idea di raggiungere “l’immortalità attraverso l’eliminazione della propria famiglia”.
Nonostante la perizia dello psichiatra Franco Martelli avesse evidenziato “una divisione psichica della personalità” e “aspetti personologici disfunzionali”, il Tribunale ha ritenuto che Chiarioni fosse pienamente in grado di distinguere “la realtà dall’immaginazione” e di “programmare lucidamente le proprie azioni”.
Secondo la giudice, l’omicidio fu l’esito di “potenti stati emotivi, una grossa dose di rabbia ed odio narcisistici”, che alimentarono un “accanimento” tale da rendere la strage un atto di feroce determinazione. Le indagini hanno inoltre rivelato che il giovane, subito dopo il delitto, cercò di depistare le indagini, cambiando più volte versione dei fatti.
La magistrata sottolinea infine come, dietro l’immagine di “bravo ragazzo”, si celasse un profondo malessere e un progetto di distruzione “frutto di un’intelligenza fredda e calcolatrice”.
Strage di Paderno Dugnano, Riccardo Chiarioni rinuncia al ricorso in appello
Riccardo Chiarioni, oggi diciannovenne, ha deciso di non presentare ricorso in appello e di accettare la condanna a vent’anni di reclusione stabilita in primo grado dal Tribunale per i minorenni di Milano. Condannato il 27 giugno scorso con rito abbreviato alla pena massima prevista, Chiarioni ha scelto di non impugnare la sentenza, nonostante la perizia psichiatrica avesse riconosciuto un vizio parziale di mente.
Come riportato dall’ANSA, secondo il suo avvocato Amedeo Rizza “la decisione di rinunciare all’appello nasce dalla consapevolezza di quanto ha compiuto“ e dal desiderio di “espiare la propria pena e continuare il percorso di cura e di studi” avviato all’interno dell’istituto minorile, dove ha conseguito il diploma di maturità scientifica e si è iscritto all’università.