A Castel d’Azzano si celebrano i funerali di Stato dei carabinieri morti nell’esplosione del casolare, una tragedia che ha scosso l’Italia e fermato il cuore di Padova.
Castel d’Azzano, funerali di Stato per i tre carabinieri morti
Nel pomeriggio, alle 16, nella Basilica di Santa Giustina, nel cuore di Prato della Valle, si celebrano i funerali di Stato dei tre carabinieri morti nell’esplosione di Castel d’Azzano, in provincia di Verona.
Una cerimonia solenne, piena di dolore e di rispetto.
I nomi li si ripete piano, quasi a non volerli dimenticare: Marco Piffari, 56 anni, Davide Bernardello, 36, e Valerio Daprà, anche lui 56. Tre vite spezzate durante lo sgombero di un casolare che, da routine, si è trasformato in tragedia.
Secondo quanto riferito dall’Adnkronos, nelle scuole di tutta Italia oggi verrà osservato un minuto di silenzio dopo la prima campanella. Un gesto semplice, voluto dal ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, per ricordare quei militari “caduti in servizio”.
Sotto il cielo grigio di Padova, sventolano le bandiere a mezz’asta. Tra i presenti, le più alte cariche dello Stato: il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la premier Giorgia Meloni, il presidente del Senato Ignazio La Russa. Ci sarà anche la segretaria del Pd Elly Schlein, insieme a una delegazione di Alleanza Verdi e Sinistra composta da Angelo Bonelli e Luana Zanella. Tutti uniti, almeno per qualche ora, nel silenzio di un lutto che non ha colori politici.
Carabinieri morti, il dolore di Padova tra riconoscimenti e lacrime
La notizia è arrivata ieri sera, confermata dalle agenzie: i tre carabinieri morti nell’esplosione saranno ricordati con un grado superiore. Promossi “per meriti speciali”. Un riconoscimento postumo che non cancella il dolore, ma prova a dargli un senso.
Valerio Daprà, brigadiere capo di Padova, diventa maresciallo. Davide Bernardello, carabiniere scelto, viene promosso ad appuntato. Marco Piffari, luogotenente in servizio a Mestre, ora è sottotenente. Tutti e tre avranno i nuovi gradi anche sull’uniforme cerimoniale, mentre le loro bare, avvolte nel tricolore, saranno portate a spalla dai colleghi.
C’è chi, tra la folla, tiene un mazzo di fiori. Chi non trattiene le lacrime. Chi parla a bassa voce, come se urlare fosse un sacrilegio. “Erano uomini veri, di quelli che non si tirano mai indietro”, mormora un anziano appuntato, citato dall’ANSA, mentre guarda le foto dei tre caduti appese all’ingresso della basilica.
Fuori, la città si è fermata davvero. Le strade chiuse, il traffico deviato. Un bambino in bicicletta chiede al padre cosa stia succedendo. “Sono eroi, figliolo”. Parole semplici, che oggi sembrano bastare.
Domani la vita andrà avanti, ma oggi ci si ferma a riflettere. Con un nodo in gola, chiedendosi come sia possibile morire così. Quei tre carabinieri stavano solo facendo il proprio lavoro. Oggi Padova si è fermata per salutare tre uomini dell’Arma, tre nomi che resteranno incisi nella memoria collettiva.