Per l’Italia lo scenario che si prospetta, appare quanto mai incerto.
Lo ha fatto sapere il Centro Studi di Confindustria nel report “Congiuntura flash” che viene diffuso mensilmente. Stando a quanto si legge nel monitoraggio, ci troviamo di fronte ad una situazione determinata da “fattori che spingono in direzioni opposte”. Non solo il rincaro dei prezzi che che è stato accentuato dall’avanzare della guerra in Ucraina, ma anche dall’indebolimento dell’euro sul dollaro.
Confindustria, l’allarme del centro studi: “Inflazione record e svalutazione dell’euro”
Parlando dei fattori che influenzano l’andamento del PIL Italiano, il centro studi di Confindustria ha fatto il punto sui principali aspetti da tenere d’occhio. Tra questi ha elencato: “i rincari di energia e alimentari (accentuati dalla guerra), per l’impatto su costi e margini delle imprese e su inflazione e potere d’acquisto delle famiglie […] la resilienza dell’industria (grazie alla sua diversificazione e al traino dei primi due settori), il risparmio accumulato che protegge i consumi.
L’euro indebolito sul dollaro aiuta l’export, ma alza i prezzi dei beni importati”.
Quadro complesso anche per l’industria con gli indicatori che “continuano a fornire segnali discordanti. Il PMI è in discesa (50,9 a giugno, da 51,9), ormai vicino alla stagnazione” . Altrettanto complessa è la situazione dell’export. Il valore è “in aumento, per la crescita dei prezzi, ma in volume la dinamica è piatta a marzo-aprile. In aumento le vendite extra-UE a maggio (+4,7%), con forte contributo del mercato USA dove le merci italiane sono favorite dall’indebolimento dell’euro; in calo, invece, le vendite in Russia e Cina”.
“Segnali di debolezza nell’eurozona”
Infine si segnala una tiepida crescita dell’area dell’eurozona che manifesta segnali di debolezza. L’euro sta perdendo terreno e si sta progressivamente svalutando. Si legge: “Anche il continuo indebolimento dell’euro, crollato a 1,01 dollari per euro in media a luglio, da 1,22 a maggio 2021 sta alimentando l’inflazione in Europa.
Il significativo trend di svalutazione (pari al -17%) accresce, infatti, il costo delle commodity importate in Italia e negli altri paesi dell’Eurozona, che sono quotate quasi tutte in dollari (tranne il gas naturale, prezzato ad Amsterdam)”.