Claudio Pinti non ha preso parte all’udienza in corso al tribunale di Ancona.
L’untore di Montecarotto è accusato di lesioni personali e di omicidio volontario. L’uomo ha infatti volontariamente contagiato con il virus dell’Hiv la sua ex fidanzata, ignara del fatto che fosse sieropositivo. Il 24 giungo 2017, l’ex compagna Giovanna Gorini è morta per una malattia insorta in seguito al contagio. Pinti su trova ancora all’ospedale di Viterbo Lazzari Spallanzani, dove è stato ricoverato a fine dicembre. Nel corso del processo, i pm Marco Pucilli e Irene Bilotta hanno chiesto la condanna a 24 anni di carcere, ridotti però a 18 anni secondo la normativa del rito abbreviato.
Pinti, l’untore di Ancona
L’inchiesta contro Pinti è stata aperta nel maggio 2018, quando la donna che stava frequentando da qualche mese ha iniziato a lamentare malesseri apparentemente inspiegabili. Pochi controlli hanno portato alla diagnosi: Aids. La donna ha così scoperto di essere stata contagiata dal compagno, che non le aveva mai rivelato di essere sieropositivo, e lo ha denunciato. Secondo quanto emerso dalle indagini, Pinti era a conoscenza della malattia da un decennio ma non aveva mai rivelato a nessuno la sua condizione, pur continuando ad avere rapporti non protetti con diverse donne.
L’untore rifiuta di considerarsi malato. “Ero sieropositivo, ma poi ho rifatto gli esami e non è risultato più niente”, ha dichiarato.
Al momento, nessun’altra donna ha avanzato accuse nei confronti di Pinti. Contro di lui si sono costituiti parte civile l’ex fidanzata, i suoi genitori e il figlio; la famiglia (padre, madre, sorella e figlia nata dalla reazione con l’untore) di Giovanna Gorini. L’accusa ha chiesto un risarcimento complessivo di 7,5 milioni di euro.