Coronavirus, da Bergamo a Wuhan: il giallo sui morti di Covid-19

L'epidemico viaggio dalla Cina all'Italia, da Wuhan a Bergamo, per comprendere la strategia che ha sancito bilancio dei morti per Covid-19.

La macabra istantanea dell’esercito impegnato al trasferimento delle salme fuori dalla città di Bergamo resterà impressa nella memoria italiana, quell’Italia che combatte senza mollare un colpo nella lotta alla pandemia da coronavirus.

L’emergenza sanitaria ha insegnato ai cittadini una nuova modalità di comunicazione istituzionale. Come in una guerra, si parla pedissequamente di bollettini e bilanci, focolai e contenimento, contagiati, guariti e morti.

Ma se l’esperienza cinese ci ha insegnato come porre i primi rimedi all’epidemia, allo stesso modo, le analogie sul bilancio dei decessi e la veridicità sui dati delle morti accertate per covid-19 lasciano spazio al giallo sulle stime delle vittime realmente scomparse per la malattia, vite che si sono spente fuori dai radar della sanità pubblica e della protezione civile.

Coronavirus, il giallo sulle morti di Wuhan

Se ha mentito la Cina possiamo mentire anche noi, in buona fede. 3.300 morti in tutto il paese, di cui poco più di 2.500 nella sola città di Wuhan, sono questi i dati emersi dalla Repubblica Popolare dopo che l’Italia e poi la Spagna hanno visto impennarsi il numero dei decessi, superando nettamente quelli della Cina.

Senza nulla togliere ai meriti cinesi dimostrati nell’arginare l’epidemia, i sospetti sulla trasparenza sono più vivi che mai.

Sul banco d’imputazione il curioso caso avvenuto con l’uscita progressiva dall’isolamento. Con l’affievolirsi dell’epidemia, gli abitanti di Wuhan sono stati autorizzati a reclamare le urne funerarie dei loro cari. In migliaia sono state recapitate nei crematori della città, in numero molto superiore rispetto a quello ufficiale dei deceduti.

Si sono registrate più di cinque ore di coda tra i cittadini cinesi che, in fila, attendevano di ricevere le rispettive urne.

Un indizio non costituisce una prova, certo, ma di sicuro possiamo sostenere che dopo aver cambiato sei strategie di registrazione per morti da coronavirus qualche falla, qualche discrepanza nel sistema può essere apparsa.

Ma il problema più grande è che l’Organizzazione mondiale della sanità, da cui ci si aspettava una severa vigilanza sulla situazione generale, ha dimostrato nei confronti di Pechino un’accondiscendenza non banale.

Un grande passpartout per uno stato sovrano che ad oggi rivendica la sua politica come modello di successo.

Coronavirus, da Wuhan a Bergamo

In Italia invece, secondo uno studio pubblicato su The Lancet Infectious Diseases, il numero dei casi non individuati al 29 febbraio ammontava a una cifra che varia tra i 1.500 e i 4.000. Al tempo, il numero di casi confermati secondo le autorità sanitarie ammontava a 1.128.

Di conseguenza una grande percentuale di casi non individuati ha provocato un numero di decessi “sotto copertura” che è passato inosservato alle istituzioni.

In questo senso la ricerca sottolinea che nelle stime epidemiche, l’analisi sull’andamento del virus in Italia sia orfana di importanti conteggi. L’esempio cardine che dimostra come questa teoria si sia rivelata corretta è la vicenda che ha interessato la città di Bergamo.

“Le bare di Bergamo sono solo la punta di un iceberg, i nostri morti sono quasi tre volte quelli ufficiali” -ha detto il sindaco Giorgio Gori– “Servono screening mirati.

Almeno sui sintomatici e sui loro contatti. Bisognava proteggere di più medici e istituire a inizio marzo la zona rossa in Val Seriana. Quando sarà tutto finito dovremo trovare un modo degno per onorare tutti quelli che sono caduti”- ha terminato il primo cittadino del più grande focolaio italiano.

Rilevante anche il dato sulle morti tra i camici bianchi: nella provincia più colpita infatti almeno 130 medici di base su 700 si sono ammalati, alcuni di questi sono morti, altri sono ancora in terapia intensiva. Ma secondo le stime ufficiali, a Bergamo in un solo giorno sono morte anche più di cento persone, con una media che si assesta intorno ai 50 decessi ogni 24 ore, in una città abitata da 110mila persone.

Francesco Locatelli, statistico bergamasco, ha sostenuto una teoria che evidenzia come i contagi siano stati sottostimati di cinque o sei volte all’inizio dell’epidemia in Italia, spiegando così che le percentuali di mortalità e dunque il numero dei decessi, siano a loro volta molto approssimativi. Di certo c’è che in Italia, a differenza della Cina, c’è veramente tanta voglia di trasparenza.