Coronavirus Roma, scatta la Fase 2 del “sesso“.
Il mercato delle prostitute torna nelle strade della Capitale, dal Tiburtino fino a Ostia, passando per l’Eur e la Salaria.
Il mercato del sesso
Un viavai di prostitute che, in rispetto delle norme antivirus, indossano le protezioni. E’ quello che succede a Roma, nelle strade che vanno dal Tiburtino fino a Ostia, passando per l’Eur e la Salaria. Il coronavirus, che le ha obbligate allo stop per quasi tre mesi, non ha fermato questo mercato del sesso, dove purtroppo sono tante le donne, e le giovani, che cadono nelle sue briglie.
E nelle strade della Capitale tornano, per far ripartire questo business disumano, con la mascherina indosso. Tante le domande che sorgono, una tra tutte: come mantenere la distanza sociale di un metro? Il lockdown, che aveva azzerato tutti i fenomeni criminali e il fenomeno della prostituzione ora, con la Fase 2, sembra essersi annullato.
Le testimonianze
“Sto facendo una passeggiata e ho messo la mascherina”, avrebbe raccontato una donna polacca alla Polizia nella giornata di giovedì 21 maggio, durante un controllo in viale Palmiro Togliatti. Guanti alla mano e protezioni in vista, davanti alla non flagranza gli agenti non possono nulla se non segnalare le generalità e andarsene. “Si chiede il rispetto delle misure per non far proliferare il virus – tuona Marcello De Santis, del Comitato Eur 2000 e residente di uno dei quartieri a luci rosse – e poi si lascia libero spazio alle prostitute.
Qui si rischiano focolai incredibili”. C’è aria di guerra, nonostante gli affari sembrano proseguire per il meglio. Spiega Luigi Fisichella, del Tiburtino: “In media stando a quanto vediamo dalle nostre finestre, ogni giorno una prostituta ha rapporti con almeno 15-20 clienti”. Dura da accostare alle immagini di droni ed elicotteri che durante il lockdown inseguivano bambini nei cortili e runner. Racconta una escort lungo la via Salaria: “È stata dura sopravvivere a questo periodo, i pochi clienti li ricevevano di nascosto a casa ma avevamo paura di essere scoperte.
Li contattavamo per telefono e venivano a casa”.