Marco Vannini, al via il processo bis. L'accusa: "Omicidio volontario"

Il processo bis per la morte di Marco Vannini cercherà di cambiare di nuovo la natura dell'omicidio, da colposo a volontario.

Parte oggi, mercoledì 8 luglio, il nuovo processo d’appello per l’omicidio di Marco Vannini in cui si tenterà di riportare la natura dell’atto criminale da colposo a omicidio volontario.

Marco, sostengono i familiari del defunto, non sarebbe morto la notte del 18 maggio 2015 se, invece di nascondere l’accaduto, Antonio Ciontoli e la famiglia avessero chiamato subito i soccorsi. È questa la strada da seguire per l’accusa al fine di cambiare senso alla storia di Marco Vannini e trasformare in omicidio volontario quello che i giudici della Corte d’Assise d’appello considerano ancora un evento colposo.

Processo bis per l’omicidio Marco Vannini

A venire in soccorso della tesi dell’accusa c’è adesso la Corte di Cassazione che ha predisposto il processo bis per la morte di Marco Vannini a causa della “condotta omissiva nel segmento successivo all’esplosione di un colpo di pistola, ascrivibile soltanto ad Antonio Ciontoli, che, dopo il ferimento colposo, rimase inerte, quindi disse il falso ostacolando i soccorsi“, come si legge nelle motivazioni di riapertura del caso Vannini.

Il processo bis di Marco Vannini dà una nuova speranza alla famiglia del 23enne ucciso. “L’8 si tornerà in aula e io sono fiduciosa” ha dichiarato la mamma di Marco, Marina Conte, aggiungendo “spero che si avvicini il momento di questa giustizia per mio figlio. Sono 5 anni che i Ciontoli stanno in giro e mio figlio non c’è più“. La mamma di Marco lo scorso 18 giugno ha presentato il suo libro che narra la vicenda giudiziaria relativa alla morte del figlio.

Il caso Marco Vannini era rimasto in sospeso lo scorso 7 febbraio quando la stessa Corte di Cassazione annullò la sentenza di secondo grado che condannava Ciontoli a 5 anni per omicidio colposo richiedendo il nuovo processo che si celebrerà a partire da oggi. Furono enormi le polemiche in quei giorni perché,per i familiari dell’accusa, già la stessa sentenza degli ‘ermellini’ aveva di fatto cambiato le carte in tavola dopo la sentenza di primo grado che condannava il Ciontoli a quattordici anni per omicidio volontario: un’accusa diametralmente opposta per natura e movente.

Nelle motivazioni della sentenza del 7 febbraio i giudici scrissero che Antonio Ciontoli “ha consapevolmente e reiteratamente evitato l’attivazione di immediati soccorsi per evitare conseguenze dannose in ambito lavorativo“; pur tuttavia, sostenevano, “il fatto di trovarsi alle prese con un imputato la cui condotta è particolarmente odiosa non può di per sé comportare che un fatto colposo diventi doloso“.