> > El-Fasher: Crisi Umanitaria Devastante in Sudan - Cosa Sapere e Come Aiutare

El-Fasher: Crisi Umanitaria Devastante in Sudan - Cosa Sapere e Come Aiutare

el fasher crisi umanitaria devastante in sudan cosa sapere e come aiutare 1762193654

Le atrocità di el-Fasher: famiglie distrutte e sopravvissuti in cerca di aiuto umanitario.

La situazione nella città di el-Fasher, in Sudan, ha raggiunto livelli di emergenza straordinari dopo la presa di controllo da parte delle forze paramilitari note come Rapid Support Forces (RSF). Recentemente, i racconti strazianti di chi è riuscito a fuggire dalla città hanno rivelato uno scenario di disperazione e violenza, con famiglie distrutte e corpi abbandonati per le strade.

Questa crisi umanitaria è il risultato di un lungo assedio durato 18 mesi, terminato con la conquista della città il 26 ottobre. Prima della guerra, el-Fasher ospitava oltre un milione di abitanti, molti dei quali ora sono costretti a fuggire per salvarsi. I racconti di sopravvissuti evidenziano giorni senza cibo e acqua, bombardamenti incessanti e orrori inimmaginabili.

Testimonianze di sofferenza

Tra coloro che sono riusciti a fuggire c’è Fatima Yahya, che ha trovato rifugio a Tawila, un paese controllato da forze neutrali. Il suo racconto è emblema della sofferenza vissuta: “Le morti erano ovunque, nelle strade, nelle case, ai cancelli delle abitazioni”. Fatima ha vissuto tre giorni di fame prima di intraprendere il viaggio, e ora vive con l’angoscia per la scomparsa di suo marito e di suo zio.

Il dramma di una fuga

La fuga da el-Fasher è stata segnata da ferite e difficoltà. Farhat Said, ad esempio, è scappata con sua figlia nonostante entrambe fossero state colpite da schegge d’artiglieria. “Dovevamo rimanere sotto assedio, con bombardamenti continui. Era impossibile muovere mio marito, gravemente ferito”, ha raccontato. La famiglia ha affrontato un viaggio di due giorni a piedi, attraversando diversi posti di blocco delle RSF, con la paura costante di essere catturati.

Condizioni di vita insostenibili

Le condizioni di vita per coloro che riescono a scappare sono devastanti. Khadiga Abdalla, che ha perso il marito durante il bombardamento, ha vissuto mesi di privazioni. “Non avevamo accesso al cibo abituale, come il sorghum, per sei mesi”, ha spiegato, evidenziando come le persone siano state costrette a nutrirsi di resti di semi destinati agli animali. Dopo tre giorni di cammino, Khadiga è arrivata a Tawila con i suoi bambini, uno dei quali è stato ricoverato per gravi traumi psicologici.

La crisi sanitaria

La Organizzazione Mondiale della Sanità ha confermato che almeno 460 pazienti sono stati uccisi in attacchi contro l’ospedale materno di el-Fasher. Le squadre mediche di Medici Senza Frontiere hanno segnalato un aumento dei casi di malnutrizione tra i bambini che arrivano a Tawila, evidenziando la gravità della situazione sanitaria. Molti sopravvissuti presentano segni di torture e ferite da proiettile, oltre a problemi digestivi a causa della scarsità di cibo.

Il futuro incerto dei sopravvissuti

Secondo le stime dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, oltre 70.000 persone sono state costrette a lasciare el-Fasher dall’inizio delle ostilità. Tuttavia, i gruppi umanitari avvertono che il numero di nuovi arrivi nei campi di accoglienza come Tawila è inferiore rispetto alle aspettative, suggerendo che molti civili siano stati uccisi o catturati. La Yale Humanitarian Research Lab ha notato che, a differenza di altre crisi in Darfur, non ci sono segni evidenti di un esodo di massa.

A fronte di questa catastrofe, il presidente della Croce Rossa Internazionale ha descritto la situazione come “orribile”, avvertendo che decine di migliaia di persone potrebbero trovarsi intrappolate senza accesso a cibo, acqua o assistenza medica. Anche il Papa ha condannato la violenza indiscriminata, chiedendo un immediato cessate il fuoco e l’apertura di corridoi umanitari.

In un contesto di crescente preoccupazione internazionale, i sopravvissuti come Fatima, Farhat e Khadiga si trovano in campi affollati, lottando per ricevere il supporto necessario. “Preghiamo Dio affinché ci aiuti”, ha dichiarato Farhat, esprimendo la speranza disperata di molti che hanno affrontato la stessa drammatica fuga da el-Fasher.