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Coronavirus: studio Università Catania, 'correlazione tra pandemia e inquinamento' (2)

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(Adnkronos) - "Riteniamo quindi che non sia un caso che la pandemia di Covid-19 si sia diffusa più rapidamente proprio in quelle regioni con un più alto rischio epidemico come Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte e Veneto – aggiungono i ricercatori -. I primi casi sono stati ...

(Adnkronos) – "Riteniamo quindi che non sia un caso che la pandemia di Covid-19 si sia diffusa più rapidamente proprio in quelle regioni con un più alto rischio epidemico come Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte e Veneto – aggiungono i ricercatori -. I primi casi sono stati individuati sia a Roma a fine gennaio, con la coppia di turisti cinesi che girava da un po’ per la capitale, sia in Lombardia e Veneto a fine febbraio. Poi, poco prima del lockdown del paese, il 9 marzo e subito dopo, diverse ondate di centinaia di migliaia di persone sono rientrate nelle loro regioni di origine al centro sud diffondendo molto probabilmente il virus in tutta Italia. Stime abbastanza realistiche ci dicono che in Italia, a causa di una fortissima percentuale di asintomatici o sintomatici lievi, a cui non è stato effettuato alcun tampone, ci possano essere al momento da uno a dieci milioni di persone che sono venute in contatto col virus e che probabilmente sono sparse un po’ in tutte le regioni. Anche se le misure di isolamento sociale hanno sicuramente dato un grosso contributo a contenere la diffusione, non si spiega altrimenti come mai il maggior numero di casi di terapie intensive e decessi sia avvenuto di gran lunga proprio in quelle regioni del nord Italia dove appunto il rischio epidemico da noi stimato è maggiore".

"Questo studio, se da una parte ci fa capire perché il nord Italia sia tendenzialmente sempre più a rischio per quanto riguarda le epidemie, dall’altra lascia ben sperare per il centro-sud, dove molto probabilmente l’impatto di questa pandemia e di possibili altre ondate future sarà sempre più lieve in termini di casi gravi e decessi a causa del minor rischio epidemico legato ai fattori strutturali trovati – sostengono i ricercatori -. Questo studio potrebbe anche essere utile per immaginare delle possibili riaperture graduali del paese che, secondo questa logica, potrebbero partire proprio da quelle regioni con un rischio epidemico minore".